Ciò detto, se ci sono delle raccomandazioni mediche, non si capisce perché non vadano seguite. Se da un lato, insomma, vedere una marea di ragazzi mettersi in fila riempie il cuore, dall’altro fa sorgere legittimi interrogativi.
Questioni strettamente sanitarie a parte, la vicenda suggerisce un’altra considerazione: la pandemia, con il suo carico di dolore e angosce, ci ha insegnato tante cose. Anche che la pubblica amministrazione e molti servizi possono funzionare benissimo sulla base del principio delle prenotazioni e dell’organizzazione certosina della giornata lavorative.
Come già scritto più volte, la campagna vaccinale di massa, poi, è uno splendido esempio di efficienza all’italiana. Non si capisce perché si debbano abbandonare questi modelli, che ci hanno anche fatto scoprire quanto siamo capaci di fare la fila, per tornare alle attese disordinate, alla folla, all’inevitabile nervosismo generato da organizzazioni farraginose e un po’ improvvisate.
Gli Open Day, dei quali non sfugge il valore simbolico e il clamoroso successo, sono anche questo: degli happening talvolta troppo affollati, che ricordano il caos tipico degli uffici pubblici ‘di prima’, a cui non sentiamo alcun desiderio di tornare.
Non disperdiamo ciò che abbiamo imparato ad apprezzare, al prezzo di enormi sacrifici. Anche le piccole cose, come la banale regola di salire e scendere sui treni da porte differenti: pratico, veloce ed efficiente.
Chiudiamo con la disponibilità espressa ieri dal Commissario Figliuolo a vaccinare anche nelle località di vacanza. Apparentemente, una sconfessione delle sue stesse, dure parole rivolte in precedenza alle Regioni. A ben vedere, i paletti posti dallo stesso Figliuolo sono tali e tanti da far sorge il fondato sospetto del contentino dalla scarsissima ricaduta pratica.
Lo stesso generale, del resto, ha ricordato quale sia il suo unico obiettivo: vaccinare l’80% della popolazione entro settembre.
Il resto è fuffa.
di Fulvio Giuliani
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