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La scelta della destra di governo italiana era, in campo europeo, fra l’accordarsi e l’accodarsi: hanno scelto di accodarsi al loro passato non accordandosi su un futuro più aperto e promettente
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La scelta della destra di governo italiana era, in campo europeo, fra l’accordarsi e l’accodarsi: hanno scelto di accodarsi al loro passato non accordandosi su un futuro più aperto e promettente
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La scelta della destra di governo italiana era, in campo europeo, fra l’accordarsi e l’accodarsi: hanno scelto di accodarsi al loro passato non accordandosi su un futuro più aperto e promettente
La scelta della destra di governo italiana era, in campo europeo, fra l’accordarsi e l’accodarsi: hanno scelto di accodarsi al loro passato non accordandosi su un futuro più aperto e promettente
Per paura di sentirsi dire che avevano tradito, hanno scelto di tradire un’opportunità. Per paura di sentirsi accusare d’avere sterzato, si sono prodotti in una rocambolesca inversione a U. Avevamo scritto che la scelta della destra di governo italiana era, in campo europeo, fra l’accordarsi e l’accodarsi: hanno scelto di accodarsi al loro passato non accordandosi su un futuro più aperto e promettente. Non per questo hanno salvato l’unità del governo, già inesistente sulla questione dell’Ucraina (vedasi il voto di mercoledì, quando Fratelli d’Italia era maggioranza assieme a socialisti e verdi, giusto per togliere preventivamente credibilità alle cose dette dopo) e comunque impossibile sul vertice della Commissione europea, visto che la Lega avrebbe votato contro e Forza Italia a favore. Meloni ha scelto la Lega. Il fatto che ponga un problema a Forza Italia è, al momento, questione secondaria.
Non si sono limitati a fare la cosa sbagliata, l’hanno anche fatta nel modo sbagliato. Meloni ha mischiato il suo spazio politico europeo con il peso europeo dell’Italia, indebolendo entrambi. Il (buon) lavoro fatto assieme alla Commissione Ue e a von der Leyen, nonché il vero e profondo discrimine politico – ovvero l’appoggio all’Ucraina aggredita da Putin – hanno scavato un fossato fra lei e la destra antieuropea e antioccidentale, che difatti le ha svuotato il gruppo. Subito dopo le elezioni europee Meloni provava a costruire il terzo gruppo parlamentare (per consistenza), poche settimane dopo si trova alle spalle della destra più destra. Inoltre il voto sulla presidenza della Commissione è stato affrontato senza una decisione del gruppo, illustrato dopo e con le sue componenti in ordine sparso, sancendo l’inconsistenza politica del gruppo stesso. Errore non commesso dalla destra più a destra.
Il peso istituzionale dell’Italia non diminuisce, giacché le istituzioni europee sono state costruite da europeisti seri e di diverso orientamento politico, quindi non frammischiando il ruolo di un Paese e il colore del suo governo, ma visto che la commistione è stata fatta ne consegue una perdita di peso politico del governo italiano. Non si tratta del pennacchio sul cappello del commissario italiano – che infantile impostazione! – ma del fatto che nasce il commissario per il Mediterraneo, si triplica la forza della Guardia costiera a tutela delle frontiere di mare, si istituisce il commissario per la Difesa e il governo italiano potrà interloquire sul pennacchio senza avere voce in capitolo sul resto. Questo nel mentre sosteniamo che l’aiuto all’Ucraina non ha limiti di tempo e l’immigrazione irregolare va fermata alla partenza e non redistribuita all’arrivo. Ovvero quel che ha sostenuto von der Leyen.
Il governo avrà scarso peso politico nella discussione del riconfermato Green Deal, proprio mentre – opportunamente – si sancisce la neutralità tecnologica, ma si riconfermano gli obiettivi e il direttore operativo di Stellantis riafferma che dal Green Deal non si torna indietro. Per convenienza, mica per devozione.
Si andava dicendo che è lo squilibrio – indubbio e non nuovo – dei nostri conti pubblici a consigliare un atteggiamento collaborativo con la Commissione Ue, ma quella è la convinzione di chi ha la testa del gregario: dal lato conti l’Italia deve fare affidamento sulla lettera delle norme Ue, che non prevedono traumi ma neanche accordi ‘umma umma’. Tagliarsi fuori, farlo in quel modo, dopo avere fatto sapere all’universo mondo di stare negoziando e di volere fare pesare la propria forza, toglie spazio al lavorare sull’indirizzo complessivo della Commissione. Ci si marginalizza con le proprie mani. Mancando il coraggio di fare l’opposto, si sarebbe almeno potuto seguire una condotta meno spaccona e meno produttrice di spaccature.
Certo, i Trattati consentono pur sempre di farsi valere, usando il potere di veto o scappando davanti alle responsabilità, come sul Mes. Ma non serviva tutto ‘sto teatro per fare la fine degli emuli accodati a Orbán.
Di Davide Giacalone
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