Accrocco, il governo e le promesse elettorali (ir)realizzabili
Leviamo i calici alla nobile memoria di Guido Carli, alla cui teorizzazione del “vincolo esterno” si deve l’equilibrio illustrato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti
Accrocco, il governo e le promesse elettorali (ir)realizzabili
Leviamo i calici alla nobile memoria di Guido Carli, alla cui teorizzazione del “vincolo esterno” si deve l’equilibrio illustrato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti
Accrocco, il governo e le promesse elettorali (ir)realizzabili
Leviamo i calici alla nobile memoria di Guido Carli, alla cui teorizzazione del “vincolo esterno” si deve l’equilibrio illustrato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti
Leviamo i calici alla nobile memoria di Guido Carli, alla cui teorizzazione del “vincolo esterno” si deve l’equilibrio illustrato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti
Leviamo i calici alla nobile memoria di Guido Carli, alla cui teorizzazione del ‘vincolo esterno’ si deve l’equilibrio illustrato nei giorni scorsi dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Senza quel vincolo l’ipotesi di legge di bilancio sarebbe stata ben diversa e se non fossero state diverse le parole del ministro lui stesso si sarebbe trovato fuori dal governo. Alla fine è successa la cosa migliore fra quelle disponibili: Giorgetti ha retto agli attacchi piovutigli addosso da quasi tutti gli esponenti della maggioranza che lo sostiene. Non ha poteri magici: è il vincolo esterno ad avere fiaccato gli avventurieri della promessa.
L’intera collana delle promesse elettorali – dalla cancellazione delle accise sui carburanti alla flat tax – è rinviata al giorno in cui sarà possibile indossarla, nel frattempo rimane nel cassetto della fantasia. Naturalmente era stato detto che sarebbe stato facile avere tutto subito, bastando volerlo e votarlo. Naturalmente non era vero. Ma la cosa positiva è che ci si accontenta di perline colorate, quale anticipazione di perle che non saranno pescate, ed è un bene che non si siano incaponiti a volere far finta che sia possibile quello che non lo è.
Poste queste rosee premesse, il resto è un accrocco plumbeo. Alcune cose sono anche divertenti, come ad esempio la deducibilità fiscale delle spese per viaggi di lavoro – ivi compresi i taxi che si sono utilizzati – ma solo a condizione che siano documentate con pagamenti digitali, fatti con le carte. Giustissimo, ma comporta l’obbligo, per il fornitore di servizi e il tassista, di accettare ed effettuare l’incasso digitale. Ovvero l’opposto di quello che questo stesso governo volle alla sua partenza. Senza quell’obbligo tutto è demandato alle liti a bordo marciapiede. Altre cose ci riempiono di soddisfazioni: sollevammo quasi da soli la questione e ne fece una battaglia Matteo Grossi, ora l’intero capitolo dei minori abbandonati non è più un onere municipale ma diventa competenza del governo nazionale.
Si sarebbero dovuti cancellare i bonus dal vocabolario, secondo quanto detto dalla presidente del Consiglio. Se ne sono dimenticati e sono pure aumentati. 1.000 euro per una nascita, se i genitori hanno Isee fino a 40mila, non cambiano quasi niente e neanche sono una spesa considerevole, ma hanno il sapore sgradevole della falsa generosità. Servono scuole, tempo pieno, sport e trasporti, per alleggerire il peso del tirar su i figli. Il bonus non è niente.
Quella sulle banche è una tassa (Giorgetti ci tiene a ribadirne il significato sacrificale), sicché Forza Italia incassa lo smacco. Ma è concepita in modo tale da non pesare troppo, sicché il dolore bancario è limitato. Ma se non monetizzo un credito d’imposta per due anni, al terzo liquido gli arretrati o si allungano i tempi complessivi? Non mi è chiaro, però nel primo caso ci sarà un bel buco nel 2027, nel secondo è una tassa eccome.
Il 5% di tagli alla spesa dei Ministeri è la dimostrazione che non c’è stata e non c’è alcuna revisione e riqualificazione della spesa. Alla terza manovra di bilancio questa, per il governo, è una sconfitta. Siamo ai tagli lineari praticati (e falliti) in passato. Il problema non è mica scriverlo in sede preventiva, il problema è verificarlo nel rendiconto finale, fra un anno. Se quei tagli non ci saranno o non avranno quella portata la conseguenza sarebbe un maggiore deficit.
Giusto non contabilizzare in partenza il maggiore gettito da concordato fiscale, meglio prima incassare e poi calcolare. Ma ricordando che l’eventuale maggiore gettito sarebbe dato non dai contribuenti onesti (sceglieremo quel sistema se ci conviene, non per pagare di più) ma da quelli che hanno evaso in passato. Il che non invoglia a pagare regolarmente nel presente.
Brindiamo al vincolo esterno. Beviamo anche per dimenticare una politica del galleggiamento senza rotta, con opposte ciurme aspiranti al sughero abitabile da dove maledire la sorte e sorteggiare l’alternarsi.
di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche