All’Italia serve la Germania
Fra i molti elementi d’attenzione dell’ultimo Consiglio europeo c’è anche la frizione tra Italia e Germania, in un momento in cui una maggiore coordinazione tra questi due Paesi sarebbe feconda per entrambi
All’Italia serve la Germania
Fra i molti elementi d’attenzione dell’ultimo Consiglio europeo c’è anche la frizione tra Italia e Germania, in un momento in cui una maggiore coordinazione tra questi due Paesi sarebbe feconda per entrambi
All’Italia serve la Germania
Fra i molti elementi d’attenzione dell’ultimo Consiglio europeo c’è anche la frizione tra Italia e Germania, in un momento in cui una maggiore coordinazione tra questi due Paesi sarebbe feconda per entrambi
Fra i molti elementi d’attenzione dell’ultimo Consiglio europeo c’è anche la frizione tra Italia e Germania, in un momento in cui una maggiore coordinazione tra questi due Paesi sarebbe feconda per entrambi. Sull’accordo commerciale con il Sudamerica – il Mercosur, che Merz vuole ratificare per fornire un nuovo mercato di sbocco alla manifattura europea anche in risposta ai dazi americani – Meloni ha frenato per tutelare i settori agricoli, ottenendo di rinviare la decisione a gennaio.
Sulla proposta di sostenere l’Ucraina utilizzando 210 miliardi di beni finanziari russi congelati, partita proprio dal cancelliere tedesco Friedrich Merz a settembre, si è registrata la contrarietà di Meloni e anche in questo caso il risultato del vertice le è stato favorevole, dato che si è poi optato per un prestito da 90 miliardi finanziato tramite debito comune (una misura rilevantissima nel creare un precedente importante sul debito, ma decisamente meno significativa nell’importo e nel colpo assestato a Mosca).
Questa contrapposizione arriva dopo che, negli scorsi mesi, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e la presidente Giorgia Meloni si erano avvicinati molto, complice la presa di consapevolezza della profondissima interconnessione dei rispettivi sistemi produttivi e industriali e (per Merz) la sempre più matura evidenza che l’asse franco-tedesco non basta più per accelerare i cambiamenti in Europa, tanto più con Parigi tribolata da una forte instabilità interna.
Calo manifatturiero, costi dell’energia, gestione europea del fenomeno migratorio: Italia e Germania affrontano questioni comuni e i loro governi hanno in Ue priorità simili
Dal calo manifatturiero ai costi dell’energia, fino alla gestione europea del fenomeno migratorio, Italia e Germania affrontano oggi questioni comuni e i loro governi hanno in Ue priorità simili. Per giunta i due Paesi sono legati da un Piano d’azione strategica sottoscritto nel 2023 (durante il governo di Olaf Scholz), rimasto però in larga parte una semplice dichiarazione d’intenti. Con Merz la Germania, storicamente focalizzata sui rapporti con la Francia, fin dal primo incontro tra i due capi di governo lo scorso maggio è sembrata intenzionata a un cambio di passo; impressione rinforzata dall’annuncio di un vertice nel prossimo gennaio, che avrà proprio il compito di rivitalizzare e concretizzare il Piano d’azione.
Certo, i rapporti bilaterali sono altra cosa rispetto agli equilibri di forza nel Consiglio europeo: vedremo già a gennaio come evolverà il rapporto con Berlino, ma sarà sicuramente influenzato da quell’esito. La domanda da porci, però, è se davvero un contrasto con la Germania in sede europea rientri nell’interesse nazionale. Dalla “coalizione dei volenterosi” fino al Consiglio, il tentativo di Merz è consolidare un nucleo di Paesi europei che – per peso e volontà politica – possano accelerare riforme urgenti in sede europea per guadagnare velocemente uno spazio di autonomia in tempi di crisi del rapporto atlantico, se necessario anche andando oltre i limiti della stessa Ue (come dimostra l’inclusione del Regno Unito nelle discussioni sulla difesa).
Per storia, rilevanza e interessi l’Italia non può non essere in questo processo
Per storia, rilevanza e interessi l’Italia non può non essere in questo processo. Mentre all’ultimo Consiglio europeo Merz ha provato a indicare una direzione per l’Europa, Meloni ha tuttavia giocato una battaglia difensiva, sicuramente utile a conservare un certo consenso in patria tra le categorie di riferimento del governo, ma che rischia di mostrare i suoi limiti già nei prossimi mesi, fra effetti a lungo termine dei dazi e pressione americana su Kiev.
di Luigi Daniele
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