L’astensionismo analizzato da un angolo diverso
L’astensione alle elezioni del 25 settembre ha toccato i livelli più alti di sempre. Eppure, il nostro Paese era ai primi posti per partecipazione elettorale, pieno di giovani con tanta voglia di fare, dove la competenza veniva celebrata, non derisa. Gli elementi che dipingono un’Italia piegata su sé stessa sono tanti e non basterà salire sul carro di Meloni per risolverli.
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L’astensionismo analizzato da un angolo diverso
L’astensione alle elezioni del 25 settembre ha toccato i livelli più alti di sempre. Eppure, il nostro Paese era ai primi posti per partecipazione elettorale, pieno di giovani con tanta voglia di fare, dove la competenza veniva celebrata, non derisa. Gli elementi che dipingono un’Italia piegata su sé stessa sono tanti e non basterà salire sul carro di Meloni per risolverli.
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L’astensionismo analizzato da un angolo diverso
L’astensione alle elezioni del 25 settembre ha toccato i livelli più alti di sempre. Eppure, il nostro Paese era ai primi posti per partecipazione elettorale, pieno di giovani con tanta voglia di fare, dove la competenza veniva celebrata, non derisa. Gli elementi che dipingono un’Italia piegata su sé stessa sono tanti e non basterà salire sul carro di Meloni per risolverli.
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L’astensione alle elezioni del 25 settembre ha toccato i livelli più alti di sempre. Eppure, il nostro Paese era ai primi posti per partecipazione elettorale, pieno di giovani con tanta voglia di fare, dove la competenza veniva celebrata, non derisa. Gli elementi che dipingono un’Italia piegata su sé stessa sono tanti e non basterà salire sul carro di Meloni per risolverli.
L’Italia ha votato, i cittadini hanno scelto. La destra trionfa, il Pd tracolla, il M5S gongolando tira un sospiro di sollievo. Per un paio di settimane i dichiarazionisti in servizio permanente effettivo vivranno il loro momento d’oro, poi bisognerà governare e le cose si faranno difficili. Molto.
Nel mentre si stringono i bulloni di una maggioranza fortissima nei numeri ma complicata nell’azione politica, c’è tuttavia un dato che dovrebbe far riflettere sia i vincitori che i vinti: il boom dell’astensionismo. Ha votato il 64% degli aventi diritto (nove punti in meno del 2018), il livello più basso di sempre. Per qualche ora il Palazzo intonerà il giaculatorio piagnisteo dell’ineffabile giorno dopo: al prima non ci pensa mai nessuno, troppo complicato. Tranquilli: in un batter d’occhio le lacrime di coccodrillo saranno messe nell’ampolla dell’ipocrisia, buone per la prossima tornata.
Possiamo provare a esaminare la questione della rappresentanza – delicatissima in una democrazia – da un angolo visuale diverso, meno scontato? Il nostro era un Paese ai primi posti per partecipazione elettorale, ora è scivolato agli ultimi. Una volta il Mezzogiorno era all’avanguardia delle famiglie numerose, oggi la denatalità (e non solo al Sud) è schizzata a livelli impressionanti. Qualche decennio fa eravamo una Nazione giovane con ragazzi pieni di voglia di fare anche a costo di sopportare sacrifici sostanziosi, adesso siamo un Paese di anziani che però rifiuta di sentirselo dire. Un tempo la scolarità era fra i principali ascensori sociali e l’università un traguardo da fiore all’occhiello, ora la competenza è denegata e a tratti perfino derisa. Intanto, una volta formati, gli studenti – e in ispecie quelli «capaci e meritevoli», secondo il dettato costituzionale – prendono il loro pc e vanno all’estero a cercare onore e gloria. Spesso trovandola.
Tutti elementi tra loro slegati oppure esiste un nesso, una causalità? Ognuno può provare a cercarla, se crede. Ma che ci stiamo impoverendo e regredendo, mentre i seggi vengono disertati e la sfiducia diventa la merce più diffusa, è un fatto innegabile. Messi insieme, anche a volerli solo giustapporre, sono elementi che rappresentano la perfetta ricetta per il declino. Ci vorrebbe un colpo di reni, un sussulto di volontà. Invece le urne continuano a essere ingombre di propaganda ma vuote di lungimiranza. Sono lo specchio di un’Italia ripiegata su sé stessa. Adesso moltitudini già salite sul carro del vincitore gridano «Meloni, pensaci tu!». Bastasse questo.
di Carlo Fusi
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