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Il fantasma di Berlusconi

Divide Silvio Berlusconi, dividerà ancora e non sappiamo per quanto. Anche ieri al famedio del cimitero monumentale di Milano
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Il fantasma di Berlusconi

Divide Silvio Berlusconi, dividerà ancora e non sappiamo per quanto. Anche ieri al famedio del cimitero monumentale di Milano
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Il fantasma di Berlusconi

Divide Silvio Berlusconi, dividerà ancora e non sappiamo per quanto. Anche ieri al famedio del cimitero monumentale di Milano
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Divide Silvio Berlusconi, dividerà ancora e non sappiamo per quanto. Anche ieri al famedio del cimitero monumentale di Milano
È nel destino dell’uomo e anche della sua memoria continuare a dividere. Silvio Berlusconi occupa in qualche misura ancora la scena politica, senza poterne più determinare gli eventi. Perché non più fra noi (ovvio) e perché i suoi eredi nel partito non sembrano neppure lontanamente in grado di occupare lo spazio lasciato vuoto. Una “crisi“ cominciata – in verità – già molti anni prima della sua scomparsa: Silvio Berlusconi non era più da tempo il Re Mida della nostra politica, l’indiscusso protagonista dell’intera, cosiddetta seconda Repubblica. Se vogliamo, che nel lungo crepuscolo berlusconiano i maggiorenti di Forza Italia non siano riusciti a organizzare un vero e proprio “dopo“ è di per sé una sconfessione di un’intera capacità politica. Così, resta lui, resta il fantasma. Anche nel giorno in cui è stata scoperta la lapide con il suo nome – ieri – al famedio del cimitero monumentale di Milano. Silvio Berlusconi fra i grandi della città, fra i degni di essere consegnati a imperitura memoria. Una cerimonia tutto sommato in toro minore, con un solo rappresentante della famiglia, il fratello Paolo. Assenze ben più numerose delle presenze, per evitare polemiche scontatissime, ma non per questo meno complicate da digerire. Divide Silvio, dividerà ancora e non sappiamo per quanto. Abbiamo abbondantemente scritto della sua figura e della sua eredità nei giorni dell’addio, non è questa la sede per tentare bilanci che necessiterebbero di libri. Ci sia solo consentito notare che sia fra chi lo osanna acriticamente e chi lo condanna senza appello (anche da morto) manca quasi sempre una capacità di analisi, critica e giudizio che converrebbe al Paese intero. Consegnare colui che poco sopra abbiamo definito come l’indiscutibile uomo-immagine di un’intera era politica a un giudizio univoco e inappellabile (che sia positivo o negativo in fin dei conti cambia poco) significa consegnare venti o trent’anni della nostra vita a una semplificazione alquanto ridicola. I Paesi maturi la Storia l’affrontano e con la Storia fanno i conti. Chi li lascia in sospeso tenderà a ripetere i vecchi errori. Mentre si scopriva la lapide, almeno un elemento avrebbe meritato un minimo di approfondimento: se l’Italia ha saputo sviluppare un rapporto molto più maturo con Israele lo deve indiscutibilmente a Silvio Berlusconi e ai suoi governi. È un dato importante per un Paese che non voglia schierarsi acriticamente su uno dei due fronti mediorientali, ignorando complessità e interessi contrapposti. In queste giornate difficili e dolorose sarebbe risultato utile. di Fulvio Giuliani 

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