I partiti spingono Draghi al colle. Ma se ciò avvenisse, avremmo una maggioranza di governo capace di confermare gli impegni presi dal Paese? Un bis di Mattarella chiuderebbe tutti i discorsi. Ma è quasi impossibile.
Siamo ormai all’esegesi delle singole parole del presidente della Repubblica e anche dei suoi contratti d’affitto. Tutto pur di avvalorare la tesi di un assoluto rifiuto dell’ipotesi di una rielezione. Rielezione sia chiaro, non proroga, che non esiste nel nostro ordinamento costituzionale. Il richiamo ha il suo valore, perché ci troviamo in una stagione di tali forzature che il rispetto della lettera costituzionale non è solo accademia. Molteplici e diversi interessi convergenti spingono al trasloco di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale, in una manovra per tornare al centro della scena. Protagonisti: i partiti. Molti di loro almeno, incapaci di una strategia che sia una, ma a cui certo non è sfuggito il ruolo del tutto secondario a cui sono stati relegati con l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce. Lasciamo perdere le dichiarazioni di prammatica e i salamelecchi: ogni giorno, con Draghi al governo, è una pena per chi avverte l’incapacità di incidere sulle scelte strategiche e vede ridursi il proprio palcoscenico ai social.
Il promoveatur ut amoveatur deve apparir loro come l’uovo di Colombo, la soluzione capace in un colpo solo di garantire un’operazione dalla facciata indiscutibile – eleggere al Colle una personalità di altissimo profilo – e rimettere in gioco partiti pronti a ricominciare il teatrino di sempre il giorno stesso dell’ipotetica elezione di Draghi. Urne sì, urne no. Europa sì, Europa no.
Sergio Mattarella sa benissimo tutto questo e ha ogni diritto di non volersi ‘sacrificare’ per impedirlo, dopo aver già dovuto trovare una soluzione emergenziale, affidando Palazzo Chigi a Draghi. Per quanto tempo ancora dovremo ricorrere a forzature ed escamotage per sopperire alle mancanze della classe politica? Quanto ancora lo potremo fare, senza infliggere ferite durature alle nostre istituzioni? Le risposte, secondo logica, escluderebbero proprio una rielezione di Mattarella. La realtà che abbiamo descritto, però, obbliga a una terza e scomodissima domanda: con Draghi al Colle, quale garanzia avremmo dell’esistenza di una maggioranza di governo capace di confermare le scelte e i rilevantissimi impegni presi dal Paese con il Pnrr? La risposta non è rinviabile, perché ne va del futuro di noi tutti.
È evidente che basterebbe un cenno di disponibilità di Sergio Mattarella per chiudere all’istante ogni discorso, ma è altamente improbabile che ciò avvenga, quantomeno per una questione di stile e sostanza. Non è possibile che i principali responsabili del default politico a cui abbiamo assistito vengano ‘salvati’ ancora una volta dalla saggezza e disponibilità di pochi. Come se non bastasse, senza che si debbano assumere alcuna responsabilità e neppure sobbarcarsi la fatica di ammettere di non avere uno straccio di soluzione. di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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