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Boccia, Sangiuliano e il caso della dottoressa Raffaella Docimo

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Senza voler tornare sullo scandalo Boccia-Sangiuliano, il caso della dottoressa Raffaella Docimo merita una riflessione

Boccia, Sangiuliano e il caso della dottoressa Raffaella Docimo

Senza voler tornare sullo scandalo Boccia-Sangiuliano, il caso della dottoressa Raffaella Docimo merita una riflessione

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Boccia, Sangiuliano e il caso della dottoressa Raffaella Docimo

Senza voler tornare sullo scandalo Boccia-Sangiuliano, il caso della dottoressa Raffaella Docimo merita una riflessione

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Senza voler tornare sullo scandalo BocciaSangiuliano – che continua di suo ad arricchirsi di nuove ‘sensazionali’ interviste e ‘scoop’ più minacciati che realizzati – il caso della dottoressa Raffaella Docimo merita una riflessione. Chi era costei? Professoressa di Malattie odontostomatologiche e titolare della cattedra di Odontoiatria pediatrica all’Università di Roma Tor Vergata, amica dai tempi del liceo dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano, è stata per qualche ora in pole per sostituire Alessandro Giuli nel ruolo di direttore del museo Maxxi di Roma, quando quest’ultimo nel frattempo è divenuto ministro della Cultura («Strana la vita, eh?» si è lasciato scappare lo stesso Giuli alla sua prima apparizione pubblica alla Mostra del cinema di Venezia). Una nomina che Docimo ha però preferito rispedire al mittente, dopo l’affaire che ha coinvolto il suo antico compagno di classe.

A mettere in dubbio in tv il suo curriculum è stata proprio Boccia – da che pulpito! – indicando i titoli di Docimo come poco attinenti con la direzione di un museo dedicato alle arti del XXI secolo. Della serie: se può farlo lei posso farlo anch’io, fermo restando che un curriculum ‘a tema’ non sempre è sinonimo di competenza ad hoc. Inoltre è stato dimostrato in più di uno studio – ma ci si arriva anche per logica – che lavorare con persone amiche contribuisce ad aumentare la produttività, sempre che gli amici in questione siano anche capaci. Com’è ovvio.

Sarebbe stato questo il caso di Docimo? Non lo sapremo mai, dato che – come scritto – la docente ha preferito evitare il tritacarne mediatico che l’avrebbe travolta. Lecito almeno pensare che non abbia voluto neppure sfiorare il rischio di essere raggiunta da voci, spifferi, maldicenze. Bel quadretto, ma provate a darle torto. Chissà quanti dei consiglieri dei ministri in carica sono amici, amici di amici, parte di una cerchia di riferimento, ma non fanno notizia. La ragione è semplicissima: è assolutamente normale. Un conto sono i ruoli da assegnare per concorso pubblico, altri quelli di nomina diretta, in cui l’atavico problema è la cooptazione solo in virtù dell’amicizia e dell’affidabilità politica, senza che queste siano corroborate da oggettive capacità.

In un mondo ideale la soluzione potrebbe apparire quella di bandire concorsi su concorsi per stabilire i cosiddetti più meritevoli, ma è pur vero che non sempre ciò è possibile in una macchina gigantesca fatta di enti, organizzazioni e partecipate. Quanto ai concorsi, la storia d’Italia è zeppa di quelli ad hoc per l’amico o il trombato da piazzare. Tornando alla cultura, ai tempi del ministro Franceschini i concorsi per le direzioni dei grandi musei e poli archeologici italiani scatenarono un bailamme politico quando a vincere furono perlopiù professionisti stranieri. A urlare furono all’epoca esponenti della destra.

Come sempre, l’unica ancora di salvezza sarebbe una rigida valutazione del merito e – in questo campo come in tanti altri – l’analisi dei risultati ottenuti o di quelli mancati. Una procedura generalmente invisa sia a destra che a sinistra. Di nuovo: il problema non è sempre il come, ma il chi e il perché.

di Ilaria Cuzzolin

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