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Gioventù meloniana

Braccia tese contro i conservatori

All’epoca di Alleanza nazionale, il partito di Gianfranco Fini, tutta questa robaccia che sta venendo fuori grazie a “Fanpage”, “Repubblica” e altri organi d’informazione non c’era

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Braccia tese contro i conservatori

All’epoca di Alleanza nazionale, il partito di Gianfranco Fini, tutta questa robaccia che sta venendo fuori grazie a “Fanpage”, “Repubblica” e altri organi d’informazione non c’era

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Braccia tese contro i conservatori

All’epoca di Alleanza nazionale, il partito di Gianfranco Fini, tutta questa robaccia che sta venendo fuori grazie a “Fanpage”, “Repubblica” e altri organi d’informazione non c’era

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All’epoca di Alleanza nazionale, il partito di Gianfranco Fini, tutta questa robaccia che sta venendo fuori grazie a “Fanpage”, “Repubblica” e altri organi d’informazione non c’era

Sarà un’impressione figlia di una memoria debole ma all’epoca di Alleanza nazionale, il partito di Gianfranco Fini, tutta questa robaccia che sta venendo fuori grazie al lavoro giornalistico di “Fanpage”, “Repubblica” e altri organi d’informazione non c’era. Non si ricordano tutte queste braccia tese, questa inaudita esibizione di antisemitismo, nelle file di An o nelle sue organizzazioni giovanili. Adesso invece Fratelli d’Italia – vent’anni dopo l’esperienza finiana – tiene nelle sue viscere i germi di quelle insensatezze vergognose: giovani che inneggiano a Hitler e al Duce, che si messaggiano sui cellulari all’insegna dell’odio verso gli ebrei; c’è questa ragazza figlia di papà che fa la leaderina dei teppistelli neopariolini e un paio di giovanotti antisemiti che finiscono per collaborare con Lollobrigida (il ministro-cognato che fa fermare i treni) o con l’onorevole Ylenja Lucaselli, la cui capa della segreteria politica diceva bellamente «Non ho mai smesso di essere razzista né fascista». Ragazzotti che – colti con le mani nella marmellata – si dimettono, con il che Giovanni Donzelli ritiene chiuso il caso.

E no. Qui la faccenda tocca il primo partito italiano, la cui leader è anche presidente del Consiglio. Giacché il problema non è il collaboratore nazistello: è chi lo chiama al Ministero o in Parlamento, cioè Lollobrigida e Lucaselli. Perché nell’era di Fini tutto questo non c’era (i fascisti ci saranno anche stati, ma erano oscurati e bloccati)? Perché Alleanza nazionale fu il tentativo – ancorché terminato non benissimo – di andare oltre il Msi, che dei miti del passato era intriso, mentre Fratelli d’Italia pare voler restaurare un certo armamentario simbolico e culturale esattamente del partito di Almirante.

An non volle recidere le ‘radici’, questi le scoperchiano. La speranza di identificare FdI come il partito gollista italiano (che era un po’ l’idea ‘burkiana’, ultraconservatrice ma non fascista, del teorico di An Domenico Fisichella) pare dunque vana, con serio danno per l’evoluzione democratica del panorama politico italiano. Il che non significa, sic et simpliciter, che FdI sia un partito neofascista. «È chiaro che questo sarebbe il momento di una svolta storica: Meloni potrebbe trasformare il suo partito in un partito conservatore europeo, capace di rappresentare una alleanza credibile per il centro e nello stesso tempo un argine verso la destra più destra, che l’Europa giustamente teme» ha scritto Claudia Mancina su “Il Riformista”. Purtroppo, come le nostalgie di cui abbiamo scritto dimostrano, Giorgia Meloni non sarà mai Jacques Chirac ma una naturale alleata di Marine Le Pen. E questo è un problema anche per lei.

di Mario Lavia

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