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Canna e cannoni

Tutti a chiedere l’intervento di Draghi dopo averlo accompagnato alla porta. Era già chiaro mesi fa: non ci sono margini per fare altro debito e sostenere un taglio temporaneo dei costi dell’energia.
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Canna e cannoni

Tutti a chiedere l’intervento di Draghi dopo averlo accompagnato alla porta. Era già chiaro mesi fa: non ci sono margini per fare altro debito e sostenere un taglio temporaneo dei costi dell’energia.
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Tutti a chiedere l’intervento di Draghi dopo averlo accompagnato alla porta. Era già chiaro mesi fa: non ci sono margini per fare altro debito e sostenere un taglio temporaneo dei costi dell’energia.
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Tutti a chiedere l’intervento di Draghi dopo averlo accompagnato alla porta. Era già chiaro mesi fa: non ci sono margini per fare altro debito e sostenere un taglio temporaneo dei costi dell’energia.
Ipocrisia portami via. Solo ieri ci siamo concentrati sulla singolare ‘riscoperta’ di Mario Draghi e del suo governo da parte delle forze politiche. Riscoperta determinata dall’esplosione del prezzo del gas. Tutti a chiedere l’intervento dell’esecutivo in soccorso di aziende e famiglie, terrorizzati dall’idea dei contraccolpi elettorali delle super bollette e dalla consapevolezza di non saper che pesci prendere. Il motivo è banale e lo stesso Draghi non ha mancato di farlo notare a stretto giro agli immemori questuanti: non ci sono margini per fare altro debito e sostenere così un taglio temporaneo dei costi dell’energia. Guarda un po’ i casi della vita, esattamente quello che i partiti hanno invocato nel chiedere precipitosamente l’intervento dell’uomo che avevano appena accompagnato alla porta. A questo punto del ragionamento, immancabili si alzano le mani di chi segnala la propria vicinanza a Draghi e la propria ‘innocenza’ nella caduta del governo. Sappiamo benissimo chi ha messo il presidente del Consiglio nelle condizioni di rassegnare le dimissioni, ma sappiamo anche che praticamente tutti vorrebbero mettere mano al portafoglio, sia pur in forme diverse, evitando il fastidio di intestarsi il pericoloso intervento. Verginelle non ne vediamo e ricordiamo che le richieste di scostamento di bilancio sono piovute per mesi da ogni parte. Curiosamente, non chiede nuovo debito Fratelli d’Italia, unico partito all’opposizione. Lo scaricabarile oltre tempo massimo su presidente del Consiglio e governo ha qualcosa di imbarazzante ma si può essere ragionevolmente certi che Draghi non firmerà alcuno ‘scostamento’ per risolvere il problema dei leader in campagna elettorale. Giusto per fare ordine, peraltro, l’Italia a oggi è – in proporzione, s’intende – il Paese fra le grandi economie dell’Unione ad aver speso di più per sostenere gli acquisti e la distribuzione di gas ed energia. Dal settembre del 2021, l’Italia ha impegnato fondi per contrastare il caro energia pari al 2,8% del Pil, contro l’1,8% della Francia e l’1,7% della Germania. Più vicine a noi, Spagna e Austria al 2,3%. Spendiamo molto e non possiamo spendere di più senza offrire il collo alla mannaia della speculazione che ha già cominciato la sua scommessa contro di noi. Giova ripeterlo, il No di Draghi non è ai partiti e ai leader ma a chi legittimamente punta sulla debolezza dei nostri conti. La speranza è di sbriciolargli la scommessa nel portafoglio. Potremmo appuntarci una coccarda anche leggendo le aperture piovute da Germania e Francia sull’ipotesi di un tetto al prezzo del gas, proposta firmata dall’Italia e da Draghi a cavallo fra febbraio e marzo. Abbiamo perso sei mesi, subendone le relative conseguenze, ma questa è storia. L’Unione europea sembra pronta – anche perché nel frattempo abbiamo fatto scorte di gas e avviato la diversificazione degli acquisti – a dire alla Russia una cosa molto semplice: «Oltre questo prezzo non compriamo». Il rischio è scontato ed è stato anticipato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: la chiusura del rubinetto di Mosca. Un’eventualità comunque nella logica delle cose ormai da tempo. La forza di questa posizione è nei suoi corollari, nella gestione a livello di Unione degli acquisti e delle riserve e nella creazione di un sistema di mutuo soccorso per i Paesi più esposti. Inoltre, la crisi energetica potrebbe accelerare il distacco del prezzo del gas da quello dell’energia elettrica, scelta politica risalente agli anni Novanta che oggi non ha più ragion d’essere. Bacchette magiche non ne esistono, soluzioni miracolistiche men che meno e soldi a pioggia non ne arriveranno. Tocca lavorare, applicando strategie che non potranno essere solo di respiro nazionale. Con queste ultime tapperemmo qualche buco, per trovarci in una voragine nel giro di poco tempo. A quel punto il colore del governo sarebbe ancor meno di un dettaglio. Di Fulvio Giuliani

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