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Conflitti e riforme

Mettere in fila i prossimi appuntamenti diplomatici: per capire la politica, unico mezzo per risolvere i problemi e non per eluderli o addirittura complicarli

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Mettere in fila i prossimi appuntamenti diplomatici: per capire la politica, unico mezzo per risolvere i problemi e non per eluderli o addirittura complicarli

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Mettere in fila i prossimi appuntamenti diplomatici: per capire la politica, unico mezzo per risolvere i problemi e non per eluderli o addirittura complicarli

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Mettere in fila i prossimi appuntamenti diplomatici: per capire la politica, unico mezzo per risolvere i problemi e non per eluderli o addirittura complicarli

Proviamo a mettere in fila gli appuntamenti politici, e guai se il solito guastafeste salta su a dire che è roba da masochisti. Il punto è capire se la politica, che dovrebbe essere il mezzo per risolvere i problemi del Paese, finisca al contrario per eluderli o addirittura complicarli.

Cominciamo. In Commissione Affari costituzionali della Camera si discute di premierato. In aula invece, forse già oggi, vanno in scena le mozioni di sfiducia nei confronti del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini e della ministra del Turismo Daniela Santanchè. Sui media impazza (!) il confronto-scontro sulle quote di bambini stranieri da prevedere nelle classi scolastiche. Più su, nelle Università, cori vocianti di studenti chiedono – e lugubremente spesso ottengono – che i rapporti con gli atenei israeliani vengano cancellati. Fermiamoci qui, districandoci in una rapida analisi.

Il premierato è la madre di tutte le riforme, tenacemente voluta da Giorgia Meloni. Peccato che il testo in esame in Parlamento faccia acqua da tutte le parti e che a sostenerlo non ci siano soltanto esponenti della minoranza ma anche autorevoli voci della maggioranza. Lo slogan meloniano “Volete che il premier lo scelgano i cittadini oppure i partiti?” è populisticamente vellicante ma minaccia di scassare quel che ancora a livello istituzionale regge.

Chi scrive è da sempre favorevole alle riforme costituzionali a patto che il risultato mantenga in equilibrio il sistema e che il bilanciamento dei poteri sia salvaguardato. Così come congegnata, l’elezione diretta del capo del governo manca entrambi gli obiettivi. E minaccia di essere esercizio meramente consolatorio l’idea che adesso si fa questa modifica e poi le altre di assestamento seguiranno: il precedente del taglio dei parlamentari, attuato senza alcun correttivo sul resto dell’impianto costituzionale, può funzionare da efficace ammonimento. Peraltro si vorrebbe il premier eletto dai cittadini senza specificare il modello di legge elettorale che dovrebbe garantirgli la maggioranza: l’ex presidente del Senato Marcello Pera ha usato il termine «pasticcio» ed è stato generoso. Onestà intellettuale vuole che girando la testa dall’altra parte non è che si ottengano lumi. Pd e Cinquestelle oscillano infatti tra fughe in avanti e ostracismo conservativo: non esattamente le ricette per ammodernare ciò che è diventato obsoleto.

Non vanno meglio le cose riguardo le mozioni di sfiducia. Si tratta di atti parlamentari che non hanno mai sortito l’effetto voluto dai promotori. Invece che sfilacciare la maggioranza finiscono per rinsaldarla e tutto ciò che si ottiene è qualche titolo strillato di giornale: un distillato di onanismo politico. Peggio poi se così facendo il Palazzo passa la palla ai tribunali: il cortocircuito politica-giustizia è nefasto e a dimostrarlo ci sono decenni di vicende fra prima e seconda Repubblica.

Quanto infine sia stata velleitaria l’uscita di Salvini (sostenuto dal ministro Giuseppe Valditara) riguardo le ‘quote’ nelle classi di ragazzi stranieri, lo dimostra la precisazione del capogruppo di FdI Tommaso Foti il quale, avallando l’idea che tra Camera e Senato qualcuno con la testa sulle spalle ci sia, ha spiegato che «il tetto agli stranieri non tiene conto della realtà». Lapidario. Quanto ai ‘collettivi’ universitari che vogliono rompere i rapporti con Israele – mantenendo però quelli con Paesi dove le donne vengono lapidate o altri nei quali i diritti civili sono considerati alla stregua di cedevolezze al decadentismo occidentale – varrebbe solo ricordare che la cultura non ha confini né sopporta censure.

Così, in uno straniante girotondo, si torna al punto di partenza: cioè della politica che dovrebbe risolvere i problemi e invece et cetera et cetera. Vale la pena ricordare che le istituzioni o la formazione sono materie delicatissime e gli apprendisti stregoni sono sì un aiuto, ma per la scesa.

di Carlo Fusi

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