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Consenso e voci da ascoltare

Gli interessi materiali sono parte salutare della vita democratica: la voce (e il blocco) degli agricoltori va ascoltato e compreso
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Consenso e voci da ascoltare

Gli interessi materiali sono parte salutare della vita democratica: la voce (e il blocco) degli agricoltori va ascoltato e compreso
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Gli interessi materiali sono parte salutare della vita democratica: la voce (e il blocco) degli agricoltori va ascoltato e compreso
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Gli interessi materiali sono parte salutare della vita democratica: la voce (e il blocco) degli agricoltori va ascoltato e compreso
Bisogna tenere conto, si dice, del fatto che siamo in campagna elettorale. E lo si dice, se non per giustificare, almeno per spiegare l’impegno dei partiti e di chi fa politica nel correre appresso a ogni rivendicazione. Ma dietro questo modo di ragionare c’è un colossale equivoco, a parte il fatto che non ricordo un tempo in cui non si sia stati in campagna elettorale. Gli interessi materiali sono parte salutare della vita democratica. La rappresentanza degli interessi in contrasto è un lubrificante della libertà e la libertà è un volano di ricchezza. Mai dimenticare che noi, in questa parte del mondo, non siamo liberi perché ricchi ma ricchi perché liberi. Il guaio sta nel credere che ciascuno possa rappresentare tutti gli interessi, togliendo così qualsiasi significato al confronto democratico e declassandolo a gioco di parole e suggestioni, senza sostanza. Questo equivoco si è potuto generare anche perché l’informazione insegue i clamori e scantona gli approfondimenti. Veniamo al concreto. Nelle passate settimane alcuni giovani – che si proclamano ambientalisti – hanno bloccato il traffico in diverse arterie vitali, mentre taluni loro colleghi imbrattavano di vernice facciate dei palazzi e teche nei musei. Qualcuno (pochi) ha detto di comprendere la loro protesta, i più l’hanno detestata nelle forme, mentre altri (non pochi e compreso chi scrive) hanno aggiunto che roba del genere non deve essere consentita e deve essere punita. Poi arrivano dei vandali in piazza, bloccano le metropoli con i trattori, accendono fuochi, lanciano pietre, buttano giù una statua e nessuno che dica che vanno fermati. Anzi, si dice che vanno ascoltati. Il concetto «La legge è uguale per tutti» dev’essere diventato complicato. Ascoltiamoli. L’agricoltura è il settore più finanziato dalle istituzioni europee, fin dal 1962. Ci sono ottime ragioni per farlo, ma nessuna per generare esponenti convinti che essere finanziati per la metà dei fondi europei sia un diritto e che di finanziamenti ce ne vogliono sempre di più. Si dovrà pur avere il coraggio di dirlo. Ma cosa vuoi, si sostiene, siamo in campagna elettorale. Appunto: raccontiamo ai contribuenti europei che i prodotti che comprano costano il prezzo che pagano più i contributi che i produttori ricevono. Raccontiamo a chi va a fare la spesa che se si accedesse all’idea di non importare più niente i prezzi salirebbero e la merce diminuirebbe. E cancelliamo dalla mente dei creduloni che esista “l’interesse degli agricoltori”, perché sono soggetti (giustamente) in concorrenza fra di loro – in sistemi nazionali a loro volta in concorrenza – e perché chi produce grano non ha lo stesso interesse di chi produce pasta, mentre i due non hanno lo stesso interesse di chi la mangia. E siccome siamo in campagna elettorale, ci si ricordi che quanti pagano e mangiano sono assai più numerosi di quelli che incassano. Ma occorre che qualcuno sia capace di farlo capire. I clienti dei taxi sono più numerosi dei tassisti, i bagnanti molto più numerosi dei balneari. I loro interessi in conflitto sono un bene, perché spingeranno qualità e prezzo verso un equilibrio perennemente mobile. Gli uni hanno bisogno e possono essere grati agli altri, ma le condizioni sono date dal concorrere di quei diversi e talora opposti interessi. L’inflazione non è domata e ha ripreso a salire. Se quella doppia concorrenza non si libera finisce con l’alimentare l’inflazione, il che tiene alti i tassi, rallenta lo sviluppo e fa crescere la spesa per interessi. Non è gratis. Se di 1.206 miliardi di crediti fiscali si riuscirà a incassare (forse e molto forse) l’8%, non c’è soltanto l’interesse di chi non scuce e che reclama condoni e rottamazioni, ma anche quello di chi paga per loro, comprese le loro cure mediche. E i secondi sono più numerosi dei primi. di Davide Giacalone

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