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vertice Rai

Decantazione del vertice Rai

Nell’ottavo mese dell’anno il panorama politico italiano squaderna una sola questione da affrontare: l’organigramma Rai

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Decantazione del vertice Rai

Nell’ottavo mese dell’anno il panorama politico italiano squaderna una sola questione da affrontare: l’organigramma Rai

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Nell’ottavo mese dell’anno il panorama politico italiano squaderna una sola questione da affrontare: l’organigramma Rai

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Nell’ottavo mese dell’anno il panorama politico italiano squaderna una sola questione da affrontare: l’organigramma Rai

Il generale agosto, è noto, ha letto e riletto “I Promessi Sposi” e ha fatto propria la lezione del Conte Zio: troncare, sopire; sopire, troncare. Soprattutto rinviare: ecco, è quella la parola magica. Nell’ottavo mese dell’anno il panorama politico italiano squaderna una sola questione da affrontare, peraltro sempiterna come il supplizio di Tantalo: l’organigramma Rai. La Meloni impone un vertice di maggioranza, come fosse questione di vita o di morte dell’esecutivo. Ma siccome tante sono le poltrone dell’emittente di Stato – nonché principale industria culturale del Paese et cetera et cetera – ma ancor di più, moltissime di più sono le aspettative, le aspirazioni, le richieste, i diktat, gli ultimatum, l’intesa non si trova prima ancora di cominciare. E dunque che si fa? Si tronca, si sopisce. Si rinvia. A settembre, sperando che l’anticiclone si sia stancato di arroventare l’aria e un po’ di frescura plachi almeno i più accesi tra i bollenti spiriti dei partner di governo.

Intendiamoci. L’arma del rinvio è sempre sguainata, non solo in estate. Ma è soprattutto in questa stagione che rifulge. Ma davvero vogliamo metterci a litigare col solleone? Per una pletora di incarichi? Meglio rinviare, magari scappa fuori una qualche novità e la situazione migliora. Nella prima Repubblica la tentazione del rinvio era perenne. E il suo maestro indiscusso era Giulio Andreotti, convinto che i problemi – specie se scottanti (e ad agosto lo sono tutti, of course) – era meglio lasciarli lì, contemplandoli. Sicuro che le cose, in un tempo più o meno breve, si sarebbero aggiustate da sole e meno ci mettevi mano e meglio era.

Altri tempi. Anche ora tante volte non si sa che fare e la sintesi solutoria, che dovrebbe essere la pietra filosofale della politica e in particolare della capacità di dispiegare la forza di una leadership, finisce nell’iperuranio. Anche adesso perciò si rinvia. Solo che a differenza del passato i tempi di azione e reazione si sono enormemente accorciati, e ciò che non si affronta nel qui e ora tende a ripresentarsi a brevissimo: solo più complicato.

Pure il fatto che il vertice sia stato convocato per la Rai e non, per dire, sulla politica estera – dove permangono differenziazioni velenose tra le componenti del centrodestra e dove non si può dire che non fiocchino le emergenze – è significativo. Si può rinviare di decidere sul Medio Oriente o sull’Ucraina? Quanti morti bisogna contare prima di esprimere una posizione?

La questione si fa seria: mettiamola in frigo, allora. Ancora. Si poteva forse porre all’ordine del giorno la faccenda delle concessioni balneari? Ma dai, desertificare sdraio e ombrelloni, come si fa? Proprio d’estate, dopo decenni di inazione e quintalate di richiami Ue? Ne riparliamo, sicuro, come no. Un rinvio non costa nulla e tiene aperte tutte le porte. Per di più gli italiani, boccheggianti, neppure se ne accorgono. Tanto lo sanno che la Rai, finché resterà pubblica, sarà sempre la greppia preferita delle forze politiche e dei vari capi e capetti secondo la vecchia logica: uno a me, uno a te e uno bravo. Quest’ultimo non obbligatoriamente.

A settembre bisognerà predisporre la legge Finanziaria comprensiva di tutti i paletti imposti dalla congiuntura economica e dagli obblighi Ue. Sarà anche giocoforza tener duro sulle elargizioni già in opera, a partire dal taglio del cuneo fiscale. Ci sarà ancora la Rai e bisognerà prepararsi all’appuntamento decisivo di novembre: Harris o Trump? In autunno magari i treni torneranno in orario, chi può dirlo? Mentre i suicidi in carcere quelli no, continueranno nell’indifferenza generale. La bellezza dell’estate è la stessa di tutte le stagioni: passa. Ma non risolve. Il rinvio è un ottimo placebo, ma non guarisce. A settembre – o per meglio dire: all’autunno – mancano una manciata di settimane. Godiamoci gli ultimi brandelli di tintarella. Poi balleremo la rumba delle decisioni. Forse. Chissà.

Di Carlo Fusi

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