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Difesa comune

“Una difesa comune per l’Europa è imprescindibile”

Parla l’ambasciatore Riccardo Sessa, presidente della Sioi. Dall’importanza di una difesa comune europea, ai rapporti tra USA e UE

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“Una difesa comune per l’Europa è imprescindibile”

Parla l’ambasciatore Riccardo Sessa, presidente della Sioi. Dall’importanza di una difesa comune europea, ai rapporti tra USA e UE

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“Una difesa comune per l’Europa è imprescindibile”

Parla l’ambasciatore Riccardo Sessa, presidente della Sioi. Dall’importanza di una difesa comune europea, ai rapporti tra USA e UE

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Parla l’ambasciatore Riccardo Sessa, presidente della Sioi. Dall’importanza di una difesa comune europea, ai rapporti tra USA e UE

«A 75 anni la Nato è uno strumento ancora valido, ma per l’Europa la difesa comune è diventata imprescindibile. Ed è un affare soltanto europeo». Secondo l’ambasciatore Riccardo Sessa, presidente della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi), non c’è più tempo da perdere: «Al di là dei dibattiti che periodicamente tengono banco, l’Alleanza Atlantica non è in dubbio. Ma è altrettanto vero che, complici le crisi attuali, anche in Europa ci si interroga sempre di più sull’esigenza di dotarsi di una propria difesa». Le difficoltà non mancano, a partire dall’assenza di una vera politica comune ma non solo: «Questi progetti richiedono tempo. Lo sapeva bene Alcide De Gasperi quando diceva che, prima di mettere insieme divisioni dei soldati, serve la consapevolezza europea della necessità di una difesa comune, che significa prima di tutto la difesa dei propri cittadini, dei diritti e della libertà».

Le parole di Sessa arrivano a cavallo tra due date fondamentali per l’Italia e per l’Europa: da un lato le celebrazioni del 25 aprile, data di nascita dell’Italia libera; dall’altro il 9 maggio, compleanno dell’Europa perché in quel giorno del 1950 l’allora ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, affermò l’idea di una nuova forma di collaborazione politica nel Continente. L’obiettivo era scongiurare la guerra fra le nazioni europee, ma oggi altri conflitti sono in corso alle porte dell’Europa e forse proprio questo rende urgente un ulteriore passo avanti dell’Unione. «Non è un obiettivo da poco, però. Intanto occorre uno sforzo finanziario importante e abbiamo visto quali difficoltà sono state incontrate dalle richieste statunitensi di alzare il budget dei Paesi membri della Nato» osserva Sessa. «A voler trovare alcuni risvolti positivi in questa situazione di crisi internazionale, in particolare in Ucraina e Medio Oriente, da qualche mese a questa parte è cresciuta la consapevolezza dell’ineluttabilità che l’Europa si organizzi sul piano militare al proprio interno». Si tratta di un’idea che si fa largo alla vigilia dell’importante appuntamento elettorale delle europee «a prescindere da ciò che accadrà a novembre negli Usa» spiega il presidente della Sioi.

All’orizzonte c’è infatti anche il voto presidenziale americano. L’interrogativo principale riguarda i rapporti fra Washington e Bruxelles in caso di ritorno alla Casa Bianca da parte di Donald Trump: «La questione è all’ordine del giorno delle cancellerie europee. L’ipotesi di un nuovo mandato per il predecessore di Joe Biden non è pura fantascienza: è un candidato forte» sottolinea Sessa. «Tenderei però a non dare troppo peso all’eventualità di un cambio a Washington, anche perché è impensabile che Trump possa concludere un accordo di pace con la Russia a discapito dell’Ucraina, come invece promette in campagna elettorale. Sono pronto a essere smentito, ma a oggi appare difficile». Prosegue Sessa: «Trump preoccupa soprattutto i Paesi dell’Europa centrale, non soltanto Polonia o Repubbliche baltiche. Ma trovo improbabile che possa arrivare a decisioni che sconvolgano gli attuali equilibri. Piuttosto si teme il disimpegno americano dalla Nato, che poi lo sarebbe in termini di sicurezza transatlantica europea. Questo però è iniziato già con Obama. Gli Usa del resto lo ripetono da tempo: la difesa dell’Europa è una questione europea. Ora forse le crisi in corso potranno fare da collante interno all’Ue».

di Eleonora Lorusso

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