I punti del discorso di Giorgia Meloni a Montecitorio
Il discorso di Giorgia Meloni alle Camere dimostra un grande senso di realismo e responsabilità. Ma a fianco al macigno di caricarsi sulle spalle il paese in questo momento così delicato, nelle parole della nuova presidente c’è anche un’altra dimensione.
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I punti del discorso di Giorgia Meloni a Montecitorio
Il discorso di Giorgia Meloni alle Camere dimostra un grande senso di realismo e responsabilità. Ma a fianco al macigno di caricarsi sulle spalle il paese in questo momento così delicato, nelle parole della nuova presidente c’è anche un’altra dimensione.
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I punti del discorso di Giorgia Meloni a Montecitorio
Il discorso di Giorgia Meloni alle Camere dimostra un grande senso di realismo e responsabilità. Ma a fianco al macigno di caricarsi sulle spalle il paese in questo momento così delicato, nelle parole della nuova presidente c’è anche un’altra dimensione.
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Il discorso di Giorgia Meloni alle Camere dimostra un grande senso di realismo e responsabilità. Ma a fianco al macigno di caricarsi sulle spalle il paese in questo momento così delicato, nelle parole della nuova presidente c’è anche un’altra dimensione.
Capire la realtà. Che poi è la qualità che distingue un leader politico. La realtà Giorgia Meloni l’ha squadernata nel suo discorso di insediamento, il primo in Italia di un presidente del Consiglio donna. La realtà dice che l’emergenza energia e il caro bollette sono le priorità. E a quelle bisogna sacrificare «le tante cose che vogliamo fare». Verranno, si faranno: l’elenco è lungo e sostanzioso e Meloni l’ha sciorinato con puntigliosità in più di un’ora di intervento nell’aula di Montecitorio. La realtà che impedisce scostamenti di bilancio e maggiore debito.
Ma a fianco al «macigno» che è il caricarsi sulle spalle il governo dell’Italia in una fase difficilissima – «Ma lo sapevamo e non ci tiriamo indietro perché siamo abituati a farci carico delle responsabilità» – c’è anche un’altra dimensione. È quella che il presidente del Consiglio ha illustrato in un impasto di emotività al femminile e di voglia identitaria tutta e squisitamente politica. La leadership rappresentata da una donna di destra è fatta di pochi ma decisivi concetti: la libertà, «perché non disturberemo chi vuole fare»; il pragmatismo «che è il contrario dell’approccio ideologico», capito Bruxelles? (e magari Pinuccio Tatarella avrà sorriso, lui che diceva che «se a un uomo di destra togli il pragmatismo non gli resta nulla»). Perché dell’Unione europea e dell’Unione monetaria europea l’Italia è tra i fondatori e svellerci da quella posizione è impossibile. Ancora, il coraggio «che non ci difetterà, perché mai rinunceremo all’obiettivo di riformare l’Italia», a cominciare dal presidenzialismo in salsa francese.
Quello di Giorgia Meloni è stato un discorso che da più di un decennio non risuonava nelle aule parlamentari. L’affermazione cioè della primazia politica che deriva dal consenso popolare e che viene trasferita nell’allestimento di un esecutivo. Meloni è andata in campagna elettorale per gettare nel catino dello scontro politico la sua visione e la sua persona. Gli italiani l’hanno ricoperta di consensi. Quel patrimonio, con quello spessore, Meloni l’ha portato nell’emiciclo della Camera: «Non sarà una navigazione semplice. Per la gravosità delle sfide che saremo chiamati ad affrontare ma anche per il pregiudizio politico che colgo spesso tra le analisi che ci riguardano. Credo che in parte sia persino giustificato. Sicuramente per la parte che mi riguarda. Sono la prima donna capo del governo, provengo da un’area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog: lo sfavorito che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. È ciò che intendo fare». Anche con l’aiuto delle critiche degli avversari, ossia attraverso la ricerca di sponde che però FdI ha orgogliosamente rifiutato di dare quando stava all’opposizione. Chissà se ora i suoi avversari saranno più clementi.
Io sono Giorgia, è il refrain che il presidente del Consiglio ha ribadito stavolta in un contesto istituzionale. Sono Giorgia «e sono sempre stata una persona libera», non ricattabile come ha soavemente ricordato al Patriarca del centrodestra. Sono Giorgia e ringrazio sia Mattarella che Draghi, confermo gli impegni internazionali sulla guerra Russia-Ucraina e sulla Nato. Se i miei alleati vorranno mettermi bastoni tra le ruote, facciano: «Sono pronta a fare quel che bisogna fare, anche a costo di non essere rieletta». Sull’Ucraina, «perché la pace ha un prezzo»; a rivedere il fisco, rendendolo meno gravoso per esempio al popolo delle partite Iva; assicurando protezione ai più deboli ma recidendo la giungla dei sussidi, compreso il reddito di cittadinanza: «La ricetta giusta è il lavoro, non l’assistenzialismo e i bonus». Assicurando un futuro pensionistico ai giovani; bloccando l’attività degli scafisti. Con il pensiero rivolto alle tante donne che hanno portato Giorgia fino a dov’è ora: a rompere il soffitto di cristallo.
Di Carlo Fusi
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