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Z di Zelensky

La giornata di ieri, con l’intervento di Zelensky in collegamento con il Parlamento in seduta comune è storica. Il presidente ucraino ha parlato per noi, richiamando concetti che non dovremmo mai dimenticare.
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Z di Zelensky

La giornata di ieri, con l’intervento di Zelensky in collegamento con il Parlamento in seduta comune è storica. Il presidente ucraino ha parlato per noi, richiamando concetti che non dovremmo mai dimenticare.
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La giornata di ieri, con l’intervento di Zelensky in collegamento con il Parlamento in seduta comune è storica. Il presidente ucraino ha parlato per noi, richiamando concetti che non dovremmo mai dimenticare.
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La giornata di ieri, con l’intervento di Zelensky in collegamento con il Parlamento in seduta comune è storica. Il presidente ucraino ha parlato per noi, richiamando concetti che non dovremmo mai dimenticare.
Il fatto che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky avesse già parlato davanti al Congresso americano, al Bundestag e alla Knesset poteva far apparire il suo discorso di ieri al Parlamento italiano in seduta comune se non di routine, quantomeno prevedibile. Qualcuno, in verità, c’era anche cascato, ma Zelensky ancora una volta ha sparigliato le carte e messo in scacco chi si aspettava parole di circostanza o ricalcate su altri discorsi. All’Italia, a differenza di quanto accaduto nell’intervento al Congresso Usa e ancor di più davanti ai Parlamenti tedesco e israeliano, il presidente ucraino non ha rinfacciato amnesie, titubanze e dimenticanze. Non che non ne avrebbe avuto motivo, considerati gli anni populisti del nostro Paese, eppure Zelensky ha scelto di ringraziare, sottolineare i nostri sforzi e soprattutto riconoscerci un ruolo politico. Il che vale più di qualsiasi «Grazie». Quando ha ricordato che «l’obiettivo finale di Putin non è l’Ucraina, ma l’Europa, avere il controllo della vostra politica, dei vostri valori, perché l’Ucraina è il cancello dell’esercito russo per entrare in Europa», Zelensky ha parlato per noi, ha usato le nostre parole. Quelle che non dovremmo mai dimenticare di pronunciare. Certo, il presidente ucraino ha anche lodato l’Italia per l’aiuto offerto, ricordando gli oltre 70mila profughi accolti, dei quali molti bambini, e che in Italia è nato il primo bimbo scappato dalla guerra. «Avete condiviso il nostro dolore, ora però congelate i beni russi e chiudete i porti» ha concluso dando un assist a Mario Draghi. Il presidente del Consiglio ha preso la parola subito dopo l’intervento di Zelensky, che è stato preceduto e seguito da una standing ovation (significativamente più intensa quella successiva). Draghi non ha scelto parole di circostanza ma approfittato di una giornata che non esitiamo a definire storica per fissare ancor di più, se possibile, la collocazione presente e futura dell’Italia. «Quella del popolo ucraino è una resistenza eroica – ha sottolineato – e l’Ucraina non difende solo sé stessa, ma la nostra pace e sicurezza. Quei beni che abbiamo costruito con tanta fatica e per questo l’Italia vi è profondamente grata». «Davanti all’inciviltà – ha continuato – non intendiamo girarci dall’altra parte; davanti alla Russia che ci voleva divisi ci siamo mostrati uniti come Europa». Draghi ha poi ricordato gli 800 milioni di euro congelati agli oligarchi, rispondendo all’appello di Zelensky, per ribadire infine due impegni politici di grande rilievo: «L’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione europea e continuerà a inviare aiuti anche militari». Tutto questo spiega perché è stato molto importante far parlare il presidente ucraino al nostro Parlamento. Sull’indiscutibile valore dell’intervento in sé, non è necessario soffermarsi. È autoesplicativo, sullo sfondo di un dramma che sta assumendo toni biblici. C’è un aspetto, invece, che ci riguarda da vicino e potrebbe diventare determinante con il prolungarsi della guerra. Di un conflitto d’attrito che per sua natura – per quanto arrivino ogni ora immagini devastanti – genera un paradossale ma inevitabile effetto di assuefazione nella pubblica opinione. Ogni giorno che passa è più difficile monopolizzare l’attenzione di chi vive un’esistenza ‘normale’, se non ricorrendo a racconti sempre più truci e insopportabili. Una stanchezza fra i cittadini con cui fare i conti, da rispettare, ma che sarebbe vergognoso trasformare in comodo paravento per una fuga politica dalla realtà della minaccia russa. Ci possiamo baloccare con le spericolate e un po’ ridicole dichiarazioni di parlamentari desiderosi di segnalare la loro esistenza o con le posizioni di qualche leader ormai così prevedibile da divenire stucchevole, ma Draghi ha scavalcato questo spettacolo trascurabile e parlato direttamente all’Ue e al Paese di «arroganza del governo russo», «espansionismo» e «ferocia di Putin». Gli stessi toni e concetti di Volodymyr Zelensky, destinati a definire la politica europea dei prossimi anni. di Fulvio Giuliani

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