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E se i negozi tornassero a chiudere nei giorni festivi?

Pronta una proposta di Fratelli d’Italia per tornare alle chiusure obbligatorie dei negozi nei giorni festivi. Ma gli esercenti non sembrano convinti

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E se i negozi tornassero a chiudere nei giorni festivi?

Pronta una proposta di Fratelli d’Italia per tornare alle chiusure obbligatorie dei negozi nei giorni festivi. Ma gli esercenti non sembrano convinti

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E se i negozi tornassero a chiudere nei giorni festivi?

Pronta una proposta di Fratelli d’Italia per tornare alle chiusure obbligatorie dei negozi nei giorni festivi. Ma gli esercenti non sembrano convinti

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Pronta una proposta di Fratelli d’Italia per tornare alle chiusure obbligatorie dei negozi nei giorni festivi. Ma gli esercenti non sembrano convinti

Dopo 12 anni i negozi potrebbero tornare ad abbassare le serrande nei giorni festivi. È la proposta di Silvio Giovine, membro della commissione Attività Produttive della Camera (in quota Fratelli d’Italia), presentata ieri in una conferenza stampa. «Riteniamo che sia un provvedimento né di destra né di sinistra, ma semplicemente di buonsenso», afferma il deputato, che considera ormai superata (se non deleteria) la norma approvata dall’allora governo Monti nel decreto “Salva Italia”. Per ovviare alla congiuntura economica disastrosa, ai commercianti venne consentito di stare aperti per sette giorni alla settimana, invece di sei.

Il tema ha fatto discutere per molti anni. Se oggi, a oltre un decennio di distanza, per i consumatori è normale trovare i negozi aperti anche la domenica e durante le principali festività, per i commercianti non avere giorni di riposo può risultare pesante. Nel 2017 l’allora leader in pectore del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio, aveva proposto il ritorno alle regole pre-2012. «Famiglie riposate e felici significano un’Italia più forte», diceva. La sua proposta però non ebbe seguito e cadde nel dimenticatoio.

Ora torna alla ribalta, spaccando in due le associazioni dei negozianti. Se Federdistribuzione apre (con qualche riserva), da parte di Confimprese la chiusura è netta e totale. La critica di entrambe le sigle è la medesima: si rischia di favorire il commercio online. Ed è curioso notare che a dirsi in parte d’accordo è la federazione delle piccole realtà, quelle più danneggiate dai colossi del web, mentre la confederazione delle grandi catene oppone un “no” secco e inequivocabile.

Nello specifico, la proposta dell’onorevole Giovine si riferisce non tanto alle domeniche, quanto piuttosto ai giorni festivi “annuali”. In particolare sei: Natale e Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, Primo maggio e Ferragosto. In quelle date tutti gli esercizi commerciali avrebbero l’obbligo di chiudere, pena una pesante multa fino a 12 mila euro che, se rinnovata in una seconda occasione, potrebbe portare alla chiusura del locale fino a dieci giorni. Sarebbero esenti i bar, i ristoranti, le gelaterie, le pasticcerie, i negozi dentro stazioni, aeroporti e aeree di servizio. Anche i centri commerciali dovrebbero restare chiusi, con la possibilità di rimanere accessibili in caso di apertura di esercizi di ristorazione al loro interno.

I meloniani si dicono pronti ad approvare in tempi record questa nuova norma. Ma ci chiediamo: ha senso? Certo, in questo modo molte famiglie potrebbero trascorrere festività più serene, senza dover andare al lavoro. Ma è anche vero che quei sei giorni all’anno sono importanti anche per settori diversi da quello della semplice ristorazione. Pensiamo alle gastronomie. A Natale, Capodanno e Pasqua gli incassi sono enormi, e crescono di anno in anno. Questa nuova legge li azzererebbe. Oppure, pensiamo alle macellerie nei periodi pasquali e ferragostani, tra grigliate e altri momenti conviviali. Siamo sempre nel settore alimentare, ma già senza spostarci troppo dai servizi “consentiti” non si può non rilevare un danno economico di grandi proporzioni.

E infine, un ultimo appunto forse molto liberale: se una persona è disposta a lavorare a scapito delle festività e del riposo, e in questo modo si avvantaggia sulla concorrenza grazie a un giorno d’incasso aggiuntivo, perché mai dovrebbe essergli impedito? In fondo la scelta dovrebbe sempre essere del cittadino. E non dimentichiamo che, anche nei giorni di festa, milioni di persone sono comunque al lavoro. Medici, infermieri, poliziotti, militari, addetti industriali nei settori che non possono fermarsi e molti altri. A chi dunque potrebbe restare a casa di sua volontà, lasciamo la libertà di scegliere se farlo o meno.

Di Umberto Cascone

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