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Le elezioni del 25 settembre: uno spartiacque per la nostra libertà

La storia si ripete, ma mai identica a sé stessa. Il 24 febbraio 2022 è una data spartiacque che riporta al centro l’opposizione tra le libertà occidentali e il dispotismo dei dittatori. Se alle elezioni del 25 settembre dovessimo virare dalla nostra storia, ci aspetterebbero solo gravi conseguenze morali ed economiche.
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Le elezioni del 25 settembre: uno spartiacque per la nostra libertà

La storia si ripete, ma mai identica a sé stessa. Il 24 febbraio 2022 è una data spartiacque che riporta al centro l’opposizione tra le libertà occidentali e il dispotismo dei dittatori. Se alle elezioni del 25 settembre dovessimo virare dalla nostra storia, ci aspetterebbero solo gravi conseguenze morali ed economiche.
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Le elezioni del 25 settembre: uno spartiacque per la nostra libertà

La storia si ripete, ma mai identica a sé stessa. Il 24 febbraio 2022 è una data spartiacque che riporta al centro l’opposizione tra le libertà occidentali e il dispotismo dei dittatori. Se alle elezioni del 25 settembre dovessimo virare dalla nostra storia, ci aspetterebbero solo gravi conseguenze morali ed economiche.
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La storia si ripete, ma mai identica a sé stessa. Il 24 febbraio 2022 è una data spartiacque che riporta al centro l’opposizione tra le libertà occidentali e il dispotismo dei dittatori. Se alle elezioni del 25 settembre dovessimo virare dalla nostra storia, ci aspetterebbero solo gravi conseguenze morali ed economiche.
Ormai lo hanno capito tutti, persino i più restii ad ammettere la portata di ciò che stiamo vivendo: il 24 febbraio 2022 è già una data spartiacque della nostra storia. Anche se il conflitto fosse andato come nelle visioni indotte dello zar, con una facile e veloce vittoria e la riduzione dell’Ucraina allo stato di una qualsiasi Bielorussia, nulla sarebbe stato più come prima. Figurarsi con oltre sei mesi di guerra e l’impressionante rosario di lutti, dolori, tragedie di cui ancora oggi fatichiamo a comprendere appieno la portata. L’Occidente, questo vero e proprio stato dell’anima che avevamo finito per dare per scontato con tutto il suo carico di valori, è improvvisamente tornato a rappresentare una scelta di campo. Un’alternativa – l’unica esistente per la nostra parte di mondo – rispetto all’idea dei rapporti fra Stati e popoli incentrati sulla forza, la prevaricazione o la cinica convenienza. Come prima della caduta del Muro, lo spartiacque fra libertà e oppressione. Certo, è doloroso riavvolgere il nastro, essere costretti a riaffacciarsi sui decenni della Guerra fredda e della contrapposizione fra blocchi. Questa è la realtà e, nonostante tutti gli sforzi dei volenterosi amici dello zar, non si riesce proprio a scorgere una responsabilità occidentale nell’aver riportato indietro le lancette della storia. Avete notato come persino i putiniani di ogni latitudine abbiano smesso con la cantilena dell’espansione della Nato a Est? Aveva annoiato anche loro. Si diceva della storia che torna indietro: sempre in parte, perché nulla si ripete e niente si ripropone meccanicamente ignorando i fatti giganteschi degli ultimi decenni. Addirittura, il dittatore di Mosca avrebbe la pretesa di saltare a pié pari l’intero Novecento e riscoprire le ansie imperialiste che furono, in un processo mentale sconcertante nella sua assurdità. Eppure, quando la realtà s’impone, quel variegato mondo che si riconosce nelle democrazie liberali, nell’economia di mercato, nel sano e talvolta lacerante confronto sui diritti della persona – “l’Occidente”, appunto – ha storicamente sempre risposto presente”. Fra mille errori, marce in avanti e passi all’indietro, abbiamo sempre saputo rispondere all’oscurantismo del dittatore di turno. Dalle minacce più efferate portate dai peggiori esempi dell’umanità – quando purtroppo noi italiani eravamo dalla parte sbagliata della Storia – agli imitatori di varia natura del dopoguerra, abbiamo sempre resistito alla tentazione della resa. Faticando, soffrendo, talvolta accapigliandoci, ma l’amore per la libertà e il progresso è troppo più forte del fascino per Putin o Xi Jinping. Anche nelle ore dell’addio alla regina Elisabetta, fra le sue immagini più riproposte ci sono sempre quelle al fianco di Winston Churchill, perché l’Occidente non dimentica da dove arriva. Lo scrivevamo: nulla si ripete e oggi la Cina non è il protagonista lontano e trascurabile dei tempi della Guerra fredda. È un colosso in grado di mangiarsi in un sol boccone l’orso russo e la sua traballante e mai cresciuta economia. C’è l’India, con il suo nazionalismo con cui fare i conti e la voglia di trasformare i non allineati” – chi se li ricorda? – in protagonisti attivi dello scacchiere internazionale. Proprio perché tutto cambia, senza soluzione di continuità, un punto resta fermo: non potranno governare forze dichiaratamente contrarie allo schema che Putin ci ha violentemente riproposto. Anche in Italia, dopo il 25 settembre, non sarà possibile, perché se dovessimo deviare dalla nostra storia e dalla nostra appartenenza, ci aspetterebbero solo il vassallaggio e la miseria economica e ancor più morale. Non è un caso che, con pochissime eccezioni, dal sapore di distinguo più che di vere posizioni alternative sul ruolo dell’Italia, in campagna elettorale non ci sia spazio per un dibattito sulla futura collocazione del Paese. Salvini e Conte possono avere le loro posizioni strumentali ma sono i primi a sapere che non esiste un reale spazio di manovra che faccia rotta su Mosca. Dirlo ad alta voce resta un’altra storia. Di Fulvio Giuliani

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