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Elly Schlein e la politica che non c’è

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Il problema è che non si capisce proprio dove la nuova segretaria voglia portare il partito d’opposizione. Una politica che non c’è
Elly Schlein

Elly Schlein e la politica che non c’è

Il problema è che non si capisce proprio dove la nuova segretaria voglia portare il partito d’opposizione. Una politica che non c’è
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Elly Schlein e la politica che non c’è

Il problema è che non si capisce proprio dove la nuova segretaria voglia portare il partito d’opposizione. Una politica che non c’è
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Sul serio qualcuna ha pensato che il problema del Partito democratico e di Elly Schlein fosse l’armocromista? Che valesse la pena interrogarsi pensosi sul perché avesse concesso una delle sue rare interviste a Vogue Italia, invece che a un quotidiano o a un classico talk politico? Come avemmo già modo di scrivere – non per citarci, ma per rafforzare il concetto – il problema è che non si capisce proprio dove la nuova segretaria voglia portare il principale partito d’opposizione. Oltre i sondaggi del momento, si intende, che hanno registrato uno scontatissimo recupero sull’onda della novità e anche di fenomeni radical chic sempre utili con un certo pubblico. Poi, però, arriva il decreto sul lavoro del 1’ maggio e la povertà della linea politica di Elly Schlein emerge in tutto il suo “splendore“: le critiche sono comprensibili e prevedibili (pure troppo), ma è sconcertante che non si riesca a cogliere un dato di fatto persino banale: mettere più soldi nella busta paga dei dipendenti dagli stipendi più bassi non può essere considerato dai medesimi una brutta cosa, neppure immaginando questi ultimi per diritto divino militanti del Pd. Basterebbe ricordare l’effetto avuto – anche elettorale – dai mitologici “80 euro“ di Matteo Renzi, per suggerire a Elly Schlein un po’ di sana prudenza politica. Anche sui voucher e sui contratti a tempo determinato schiacciarsi su una posizione già abbondantemente occupata dal Movimento Cinque Stelle di Conte fa sorgere spontanea la domanda su quale sia l’indirizzo e soprattutto il punto d’approdo di una politica che non c’è. Ancora per un po’ si potrà andare avanti a generici richiami sui diritti, ma non molto. Ora che è stato scavallato il 25 aprile, anche l’arma retorica dell’antifascismo non può garantire ossigeno a una politica del giorno per giorno. Bisognerebbe pure decidersi – dalle parti del Pd e di Elly Schlein – a osservare il Paese per quello che è oggi, non per quello che si vorrebbe fosse, in un confuso mix di richiami novecenteschi e passioni da next gen fortissimi sui social, ma pallidi nella vita reale. Di Fulvio Giuliani

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