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Eurocarica

L’aggressione di Putin ha scatenato una Eurocarica alimentata dalla consapevolezza di quel che siamo e rappresentiamo. Un sentimento che consegna a un gigante economico il senso del proprio posto nel mondo.

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L’aggressione di Putin ha scatenato una Eurocarica alimentata dalla consapevolezza di quel che siamo e rappresentiamo. Un sentimento che consegna a un gigante economico il senso del proprio posto nel mondo.

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L’aggressione di Putin ha scatenato una Eurocarica alimentata dalla consapevolezza di quel che siamo e rappresentiamo. Un sentimento che consegna a un gigante economico il senso del proprio posto nel mondo.

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L’aggressione di Putin ha scatenato una Eurocarica alimentata dalla consapevolezza di quel che siamo e rappresentiamo. Un sentimento che consegna a un gigante economico il senso del proprio posto nel mondo.

La civiltà si sente colpevole dell’inciviltà. Per quel che l’ha praticata e per quel che non riesce a impedirla. Ma non c’è modo di bandire la forza e la tentazione del dominio dalla storia. Quel che si può e si deve fare è avere la forza per stroncare i dominatori che su quella basano le loro lugubri ambizioni. L’Unione europea di oggi, a dispetto dei sempre pronti detrattori, sul fronte della difesa del diritto internazionale e dei rapporti pacifici fra i popoli c’è e non intende mollare.

Né la storia né la vita sono fatte di soli buoni sentimenti. Nel loro vasto campo crescono le margherite, ma anche la malapianta dell’imperialismo. Il nostro mondo, la nostra civiltà, ha elaborato sistemi giuridici dentro i quali contenere sia i buoni sentimenti che le legittime ambizioni. Il frutto di questo lungo sforzo, passato anche attraverso le guerre, si chiama multilateralismo. Ovvero l’idea che i rapporti fra Stati possano tenersi nell’ambito di sedi e regole che tutti riconoscono. Una volta venuto meno l’impero sovietico quell’impostazione ha saputo creare le condizioni per una crescita impetuosa della ricchezza nel mondo, sottraendo alla fame moltitudini. Gli eccellenti risultati non hanno fatto sparire i nemici, che oggi il criminale Putin ha deciso di riassumere nella sua azione, con questo ponendosi fuori dalla civiltà del diritto. Dobbiamo batterlo senza abbattere la costruzione di cui siamo stati capaci. Questo è lo sforzo odierno.

E l’Unione europea? Della nostra Unione tanti sono pronti a dire il peggio. E anche quanti non possono non riconoscerne i punti di forza e i considerevoli successi, sentono spesso la necessità di premettere che dovrebbe essere altro e di più. Che è vero, almeno in parte, ma tutto sta a lavorare per costruire e non per distruggere. Il processo d’integrazione è stato veloce, la costruzione della moneta unica velocissima, l’azione della Banca centrale europea fulminante. Alla faccia di quanti credono che si sia sempre in ritardo. Chi lo ripete non ha idea della storia. Chi la coltiva, invece, sa una cosa, con ampia facoltà di prova: i nemici della civiltà sono sempre stati contro la costruzione europea, come anche i servitori dei peggiori interessi russi. Senza distinzione di colore, perché gli antieuropeisti di ieri erano i comunisti come gli antieuropeisti di oggi sono i nazionalisti. Che si definiscano di sinistra o di destra è vezzo inutile: sono contro i nostri interessi. Che è poi la ragione per cui è bene non governino.

Chi ha lavorato contro la nostra forza ha puntato sulle presunte debolezze della democrazia, che considera insidiata dalle divisioni e a quelle punta per spaccarci. Non sanno che quella è la nostra forza, che le divisioni c’insegnano a riconoscere i nemici, che grazie a quelle sappiamo ripartire. Mentre la loro presunta unità si sgretolerà nella disfatta. Come è sempre successo.

L’Ue di oggi sa di essere sotto attacco e mostra capacità reattiva. Non era facile parlare di guerra. Non era facile fornire armi agli aggrediti. Putin aveva scommesso sul nostro desiderio di vita pacifica e sul nostro abbandono degli ucraini. Scommessa avvalorata da altre pagine di storia recente. Ma ha sbagliato. Totalmente. E pagherà perdendo. La sua aggressione ha scatenato una Eurocarica alimentata dalla consapevolezza di quel che siamo e rappresentiamo. Una Eurocarica che consegna a un gigante economico, già dotato di strutture politiche e democraticamente rappresentative, il senso del proprio posto nel mondo. Non chiediamo di meglio che tornare a occuparci di commerci e ricchezza, strafregandocene dei rancorosi che ci definiranno bottegai. Ma chi prova a sfasciare la bottega non andrà via con il bottino, passerà fra i cadaveri di storie disonorate.

di Davide Giacalone

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