Forza Italia, quale destino?
Forza Italia, quale destino?
Forza Italia, quale destino?
La realtà è che adesso, morto il re, non ci sarà nessuno che potrà gridare viva il re. Non ci sono eredi né delfini né possessori di quid sparsi per l’Italia. E dunque che fine farà Forza Italia? Se lo domandano in tanti, qualcuno affilando i denti. Tuttavia la risposta – se vogliamo essere sinceri – è che nessuno lo sa. Ma il punto sostanziale non è il destino della classe dirigente che contornava il Patriarca quanto chi s’intesterà la rappresentanza di quel pezzetto d’Italia: moderato, europeista, cetomedio-centrista, che ha continuato a votare Berlusconi quasi per disperazione perché non vuole stare né con la destra-destra e mai e poi mai con la sinistra-sinistra.
Per raccapezzarsi, bisogna usare il grandangolo e allargare la visuale. Tra odii profondissimi e laudi sperticate, una cosa viene unanimemente riconosciuta a Berlusconi: l’aver creato il bipolarismo che ha prodotto l’alternanza di maggioranze varie al governo. Bene: esattamente che genere di bipolarismo e quale tipo di alternanza? Il bipolarismo di re Silvio è nato con il peccato originale incorporato: si è imperniato non su discriminanti politiche o ideali ma su una persona, lui medesimo. Tutti i suoi amici da una parte, tutti gli avversari dall’altra. Ogni schieramento ha usato le armi di distruzione di massa che possedeva per annichilire l’altro: dal vade retro ideologico antifascista al macigno giustizia che doveva sbarrare la strada al Caimano; dalle leggi ad personam alla tutela degli interessi aziendali indossate come corazze per vincere in battaglia «contro i comunisti Pci-Pds-Ds-Pd».
Il bipolarismo in salsa berlusconiana si è sciorinato all’insegna della costruzione di un contenitore elettorale (dicesi in gergo cartello) con l’obiettivo di ammucchiare da un lato tutti quelli che, per motivi vari, non volevano stare dall’altro. Un’alleanza per vincere e andare in tv, non per governare. Infatti la governabilità, che avrebbe finalmente emancipato l’Italia dal poco invidiabile primato dei 68 governi in 77 anni di vita repubblicana e che al di là delle Alpi bollano di inaffidabilità l’Italia, è risultata un ectoplasma. Un tale squilibrio ha impedito – al di là delle responsabilità del commander in chief – la realizzazione delle famose “riforme epocali” di fisco e giustizia e ha rispedito al mittente il precetto delle “tasse bellissime” (patrimoniale compresa) degli esecutivi di centrosinistra che avevano copiato il modello Cav senza nemmeno pagargli le royalties.
Torniamo all’interrogativo di partenza, ma arricchito. Scomparso Berlusconi scomparirà anche il bipolarismo farlocco che ci ha accompagnato nella seconda e all’inizio della terza Repubblica? E cosa potrà mai sostituirlo? La speranza è che si crei un assetto politicamente coeso che garantisca stabilità e, appunto, governabilità. È evidente che Giorgia Meloni, visto che Salvini è naufragato nell’impresa, cercherà – magari con l’aiuto di alcuni componenti della famiglia – di accaparrarsi il bottino. Come pure ci saranno tentativi renziani e perfino del Nazareno. Ma quel pacchetto elettorale è fatto di gente che rigetta l’estremismo, che vuole certezze e non avventure. È molto meno di bocca buona di quanto si creda.
di Carlo FusiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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