Fratelli d’Italia, mentre già si alzano le richieste della Lega – secondo un’immarcescibile tradizione italiana chi più perde più pretende, per far finta di non aver perso – dà la sensazione di avere cominciato a fare i conti con i conti pubblici. Perché se nelle prossime ore sarà il governo uscente a presentare la Nota di aggiornamento di economia e finanza (la Nadef), entro ottobre o inizio novembre la Commissione europea attenderà le prime indicazioni sulla manovra di bilancio vera e propria, concedendo un’inevitabile proroga per dar tempo di formare il governo. Strada strettissima, si diceva, tempi praticamente ridotti a zero e manovra da almeno 40 miliardi.
Il che, però, potrebbe risultare una delle poche buone notizie dal punto di vista economico di questo passaggio: non ci sarà tempo per le classiche, estenuanti trattative che conosciamo sin troppo bene. Se vorrà, la presidente del Consiglio in pectore Giorgia Meloni potrà mettere dal giorno 1 in chiaro le cose con i suoi alleati, a cominciare dal più riottoso, facendo capire quanto poco margine ci sia per far festa. Tradotto, per i leggendari scostamenti di bilancio invocati da Salvini.
La crescita sta frenando, anche se per il 2023 la stessa Nadef avrà ancora un segno positivo, poco sotto l’1%, rispetto alle previsioni di recessione delle agenzie di rating. Il che significa meno gettito fiscale e meno risorse che hanno permesso a Mario Draghi di varare aiuti complessivi per 66 miliardi di euro senza fare un euro di nuovo debito.
Tolte le spese incomprimibili, non resterebbe che aggredire l’area dei bonus e del reddito di cittadinanza.
Zona politicamente sensibilissima, ma pur sempre quella su cui poter agire per trovare i soldi e soprattutto indicare un atteggiamento, una strada del nuovo governo. Misurare la capacità di equilibrare promesse e realtà e cominciare a capire se vincerà chi vuole mettere il futuro in conto ai nostri figli o chi vuole continuare su una strada di serietà.
Di Fulvio Giuliani
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