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Giorgia Meloni fra le liti interne e le proiezioni esterne

Meloni pensava di appoggiarsi agli Stati Uniti per contare di più in Europa. Ma Trump le sta rompendo le uova nel paniere

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Giorgia Meloni fra le liti interne e le proiezioni esterne

Meloni pensava di appoggiarsi agli Stati Uniti per contare di più in Europa. Ma Trump le sta rompendo le uova nel paniere

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Giorgia Meloni fra le liti interne e le proiezioni esterne

Meloni pensava di appoggiarsi agli Stati Uniti per contare di più in Europa. Ma Trump le sta rompendo le uova nel paniere

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Meloni pensava di appoggiarsi agli Stati Uniti per contare di più in Europa. Ma Trump le sta rompendo le uova nel paniere

Rispetto a Giorgia Meloni, il gentlemen inglese Philias Fogg ci appare più immobile di un paracarro. Fogg è il protagonista del romanzo di Jules Verne dal titolo “Il viaggio del mondo in 80 giorni”. Troppi per il nostro presidente del Consiglio. Da quando si è insediata a Palazzo Chigi, è il moto perpetuo. Gira per l’universo mondo come una trottola. Oggi di qua, domani di là. Senza un attimo di respiro. È dappertutto ma, per sua ammissione, non vede mai niente. Tutta presa dagli incontri internazionali al massimo livello con quello scrupolo che la caratterizza, non trova mai il tempo per fare la turista.

Si dirà: ha voluto la bicicletta? E adesso pedali. Sia chiaro, lo fa a ragion veduta. Nei primi tempi, si è recata all’estero soprattutto per farsi conoscere. Per togliersi di dosso l’immagine di Calimero, piccolo e nero, cucitale addosso dalle opposizioni. Mentre gli alleati non si sarebbero strappate le vesti se fosse ruzzolata per terra. Anche a costo di farsi del male. Le opposizioni, Pd in testa, non hanno mai ingoiato il fatto che Meloni sia diventata presidente del Consiglio. Non hanno mai sopportato che Fratelli d’Italia abbia vinto le elezioni, mentre loro le hanno perse. Anche perché quando loro le perdevano, trovavano il modo di continuare a galleggiare allegramente come turaccioli in mare aperto.

Del resto, fin da subito gli alleati si sono dati da fare per crearle qualche intralcio. Il 21 ottobre 2022, non appena uscita dall’incontro con Mattarella con l’intera delegazione di centrodestra, Meloni annuncia alla stampa l’indicazione unanime della sottoscritta alla guida del governo, nominato poco dopo. Ai suoi lati ci sono Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, un tempo grandi e grossi e adesso parecchio ridimensionati. Si danno un cenno d’intesa. Come dire: «La metteremo in croce». Ma l’uno non riesce a rimandare l’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato. E se ne farà una ragione. L’altro si conferma una fastidiosa mosca tze-tze che non può scuotere troppo l’albero ministeriale sul quale è appollaiato. Alla fine, tutti sono costretti a prendere atto che Meloni più la butti giù, più lei si tira su. Come recitava la pubblicità di una nota marca di caffè.

Viaggia di continuo anche perché la politica estera è nelle sue mani. Ha un bel dire Antonio Tajani che sono lui e la Meloni a farla. Con il sottinteso che non può metterci becco Salvini, un ministro dei Trasporti perseguitato dalla iella. Ma dai tempi di Cavour è soprattutto il presidente del Consiglio a dare il la, mentre il ministro degli Esteri è l’intendenza – parola di Napoleone – che seguirà. Nel tentativo di mettere d’accordo coerenza e pragmatismo, che fanno a pugni tra loro, Meloni ha corretto punti di vista sbandierati quand’era all’opposizione. Si presenta agli incontri con i grandi della Terra sempre preparatissima. Il suo inglese fluente accorcia le distanze e propizia gli accordi. Dice ciò che pensa senza infingimenti. E, agli occhi altrui, ecco che a Calimero è subentrata la botte piccola dove c’è buon vino.

Una patriota come lei è giunta alla conclusione che si può amare l’Italia solo guardandola dall’estero. Perché, ogni volta che torna nel Belpaese, ha grattacapi a non finire. Salvini è il solito piantagrane. Tajani si trova sul collo il fiato di Marina, che trova sempre il tempo per dire la sua. I Fratelli d’Italia, anziché esserle d’aiuto, le danno gatte da pelare. Più croci che delizie, insomma. Per non farle mancare niente, all’estero le delizie stanno diventando croci. Meloni pensava di appoggiarsi agli Stati Uniti per contare di più in Europa. Ma Trump le sta rompendo le uova nel paniere. Può solo sperare che nel bullo d’oltre Atlantico ci sia del metodo in tanta follia. Può darsi che faccia la voce grossa e poi abbassi le penne. Altrimenti, dovremo giocare soltanto in Europa. Dove Francia, Inghilterra e Germania non hanno intenzione di comportarsi come caritatevoli dame di San Vincenzo.

di Paolo Armaroli

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