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meloni a bruxelles

Meloni a Bruxelles, tra il “richiamo della foresta” e l’attività di governo

Sui migranti l’Italia necessita di sponde europee: presentarsi per la prima a Bruxelles sull’onda di rave party e paroloni d’impatto non è stato oggettivamente il massimo per la presidente del Consiglio. Il “richiamo della foresta” del proprio elettorato resti ben distinto dall’attività di governo.
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Meloni a Bruxelles, tra il “richiamo della foresta” e l’attività di governo

Sui migranti l’Italia necessita di sponde europee: presentarsi per la prima a Bruxelles sull’onda di rave party e paroloni d’impatto non è stato oggettivamente il massimo per la presidente del Consiglio. Il “richiamo della foresta” del proprio elettorato resti ben distinto dall’attività di governo.
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Meloni a Bruxelles, tra il “richiamo della foresta” e l’attività di governo

Sui migranti l’Italia necessita di sponde europee: presentarsi per la prima a Bruxelles sull’onda di rave party e paroloni d’impatto non è stato oggettivamente il massimo per la presidente del Consiglio. Il “richiamo della foresta” del proprio elettorato resti ben distinto dall’attività di governo.
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Sui migranti l’Italia necessita di sponde europee: presentarsi per la prima a Bruxelles sull’onda di rave party e paroloni d’impatto non è stato oggettivamente il massimo per la presidente del Consiglio. Il “richiamo della foresta” del proprio elettorato resti ben distinto dall’attività di governo.
Non è stato oggettivamente il massimo presentarsi a Bruxelles, per la prima attesissima visita alle istituzioni comunitarie della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sull’onda delle roboanti parole d’ordine abbondantemente spese negli ultimi giorni. Su un capitolo, più che su altri squisitamente italiani come contanti o rave party, è apparsa stridente la distanza fra propaganda e realtà: la questione migranti. È vero che parliamo di un tema da sempre terreno di caccia della maggioranza uscita trionfatrice dalle elezioni, ma se è comprensibile tener presente il “richiamo della foresta” del proprio elettorato al contempo si dovrebbe tenere ben distinta l’attività di governo dalle battaglie identitarie. Parlando di contrasto agli sbarchi, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto ricorso alla classica immagine giornalisticamente molto efficace: definire “pirata” le navi delle Organizzazioni non governative, nel caso non vengano riconosciute dai Paesi di cui battono bandiera. Sottotesto, navi che Roma si riserva il diritto di tener lontane dai propri porti, secondo una retorica ben nota e che animò buona parte dei mesi ruggenti del Conte I. Solo che a strettissimo giro la Germania una di queste navi – la Humanity 1 – l’ha ‘riconosciuta’, creando un discreto imbarazzo e soprattutto un bel problema politico al nostro Ministero degli Esteri. Puoi diffondere alla stampa tutte le note cariche di burocratese che vuoi, ma la verità è che avrai sempre sbagliato nave, decidendo di fare la faccia truce proprio con una carica di oltre 100 fra bambini e ragazzi non accompagnati. Quella nave non potrà che attraccare, ma il punto è l’assoluta inutilità di certe parole d’ordine, come del perenne e sfibrante derby fra buonisti e cattivisti, entrambi incapaci di proporre uno straccio di reale soluzione a un problema che mai l’Italia potrà affrontare da sola. Sui migranti dovremo necessariamente cercare sponde europee – anche pretenderle – facendo appello a una maggiore solidarietà fra i Paesi dell’Unione europea. È certo, però, che questo risultato resterebbe una chimera, ponendoci in una condizione scomoda o persino debole solo per amor di propaganda. La retorica ha il suo fascino ma anche i suoi costi e ieri il fresco ricordo del “È finita la pacchia” o del “battere i pugni“– tanto cari a certi ambienti sovranisti e populisti – si è risolto in quello che inevitabilmente era: una bolla di sapone. Del resto, quando va a ragionare con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di soldi da sbloccare – un totale di 7,3 miliardi di fondi europei non utilizzati, fra quelli di coesione e altri già stanziati per il RepowerEu – una politica accorta e scaltra come Giorgia Meloni farà tutto tranne che inimicarsela per puntiglio o per inseguire modelli oggettivamente deboli e perdenti, come quelli ungheresi. Abbiamo molto scritto negli ultimi giorni di scelte identitarie e di parte: nulla di scandaloso o incomprensibile, a patto che tutto risponda a un disegno politico organico, in cui le esigenze squisitamente politiche non finiscano per soffocare la capacità e la libertà di manovra sui temi fondamentali. Una maggioranza messa in evidente difficoltà dalla questione dei rave e dall’atteggiamento ideologico sul reintegro del personale sanitario no-vax spreca energie preziose e rischia di vanificare l’abbrivio stesso del governo. Il caso Moratti insegna: pur volendo soprassedere sui periodici colpi di fulmine della sinistra per personalità radicalmente lontane (vi ricordate quando alla Festa dell’Unità si spellavano le mani per Indro Montanelli censore di Silvio Berlusconi?), l’ex vicepresidente della Regione Lombardia ha messo il dito in una piaga: l’atteggiamento da tenere nella gestione della pandemia. Le letture della maggioranza in materia sono almeno due, se non di più e siamo solo all’inizio. Non sempre confortante. Di Fulvio Giuliani

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