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Commissari europei transizione climatica

Gli incarichi dei commissari europei e la transizione climatica

La seconda Commissione von der Leyen e gli Stati membri faranno marcia indietro sul clima? Le lettere d’incarico per i membri del nuovo esecutivo dicono di no

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Gli incarichi dei commissari europei e la transizione climatica

La seconda Commissione von der Leyen e gli Stati membri faranno marcia indietro sul clima? Le lettere d’incarico per i membri del nuovo esecutivo dicono di no

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Gli incarichi dei commissari europei e la transizione climatica

La seconda Commissione von der Leyen e gli Stati membri faranno marcia indietro sul clima? Le lettere d’incarico per i membri del nuovo esecutivo dicono di no

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La seconda Commissione von der Leyen e gli Stati membri faranno marcia indietro sul clima? Le lettere d’incarico per i membri del nuovo esecutivo dicono di no

La seconda Commissione von der Leyen e gli Stati membri faranno marcia indietro sul clima? Le lettere d’incarico per i membri del nuovo esecutivo dicono di no. I commissari hanno tutti il compito di realizzare gli obiettivi climatici, mentre gli Stati membri si apprestano a formalizzare la posizione negoziale dell’Unione europea per la prossima conferenza per il clima di Baku, la Cop29 di novembre. La sfida è far sì che i target siano accompagnati da concrete misure di sostegno economiche, industriali e sociali.

Portafogli cruciali per il clima sono andati a tre persone con forte esperienza nell’attuazione di politiche di transizione. La spagnola Ribera, vice presidente alla guida della Transizione e della Concorrenza, coordinerà l’olandese Hoekstra (che resta alla Direzione generale per il Clima) e l’ex ministro danese Jorgensen (che va all’Energia). Un trio rodato che ha già dimostrato di lavorare bene sul piano internazionale contribuendo, tra l’altro, al successo della Cop28. L’impegno climatico sarà affrontato come chiave per proteggere la prosperità, la competitività e le ambizioni industriali dell’Europa. Questa visione, la stessa alla base del rapporto sulla competitività di Draghi, è chiaramente articolata nella lettera di missione per Ribera, che diventa la numero due della nuova Commissione. «La futura competitività dell’Europa dipende dal successo nel perseguire la neutralità climatica e nel garantire una transizione giusta». A tal fine Ribera dovrà rivedere la politica di concorrenza, negoziare rapidamente un Clean Industrial Deal (con il commissario all’Industria), abbattere i prezzi dell’energia e aiutare con fondi dedicati le famiglie e le regioni vulnerabili nella transizione.

Quindi tutto a posto per la Ue? Decisamente no. Settori chiave dell’industria europea, centrali anche per la transizione ecologica, si trovano in una fase di schumpeteriana distruzione creativa mentre affrontano una crescente concorrenza globale con i cinesi in testa in molti ambiti. Produzione di energia, industria pesante e settore automobilistico sono i primi settori a risentirne. È del tutto normale che aziende o famiglie che affrontano difficoltà e cambiamenti cerchino sostegno. Per mettere ordine la prima cosa sul tavolo sono gli incentivi, che dovranno essere rimodulati e progressivamente ridotti per i settori ad alta intensità fossile, spostandoli verso le nuove industrie, costruendo le infrastrutture necessarie al passaggio al funzionamento della nuova economia. Come dice spesso l’ex ministro Clini, le regole senza misure di accompagnamento restano sulla carta. A Baku l’Unione europea andrà con proposte per accelerare l’eliminazione di «sussidi fossili inefficienti». L’aumento possibile delle accise sul diesel in Italia è quindi pienamente coerente e andrebbe nella direzione giusta.

Quelli che invece mancherebbero sono gli strumenti di sostegno. Il passaggio da un sistema all’altro dovrà infatti avvenire evitando di creare oneri ulteriori od obblighi per chi non può permetterselo. Anche il caso dei dazi sulle auto elettriche ‘cinesi’ è interessante, in termini di politica industriale e di obiettivi di transizione. Una delle conseguenze paradossali di questa misura è che colpisce anche – e forse più dolorosamente – le vetture elettriche prodotte in Cina dalle case europee: Volkswagen, Bmw e altri marchi Ue, che già perdono quote nel mercato automobilistico più grande del mondo e faticano a vendere in Europa a causa degli alti prezzi, diventano ora ancora più costosi. I produttori cinesi invece, più competitivi e in vantaggio tecnologico rispetto a noi, saranno in grado di assorbire meglio i dazi.

di Arvea Marieni

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