AUTORE: Marco Di Liddo
Dopo 14 giorni di guerra, la lenta avanzata russa si è arenata alle porte di Kiev e di Kharkiv, punta a conquistare (non senza difficoltà) Odessa e cerca vincere la resistenza di Mariupol. Finora, tra le principali città dell’Ucraina, soltanto Kherson è pienamente sotto il controllo di Mosca. Dei tre fronti, quello Sud (la costa del Mar Nero e del Mar d’Azov) è quella che ha fatto registrare i risultati migliori, mentre a Est (Kharkiv) e Nord (Kiev) le Forze armate russe sono in una fase di stallo in cui le difficoltà delle truppe terrestri vengono sopperite da una brutale campagna di bombardamenti aerei e di artiglieria.
Proprio Kherson e Mariupol – due centri nevralgici e snodi fondamentali rispettivamente per l’avanzata verso Odessa e il congiungimento tra Repubbliche Popolari del Donbass e Crimea – potrebbero rappresentare i primi due punti di svolta sia per il corso del conflitto tra Russia e Ucraina che per il futuro dei negoziati e, quindi, per la sicurezza e l’architettura politica europea e dei rapporti tra Cremlino e Occidente. Infatti, la gestione dell’occupazione di Kherson dirà quale tipo e intensità di resistenza incontreranno i russi in un territorio militarmente assoggettato. Le proteste della popolazione civile sono già iniziate e procedono parallelamente all’inizio delle trasmissioni di radio e televisione russe. Osservare se gli ucraini di Kherson opteranno per la resistenza passiva, per la guerriglia o per la mobilitazione sociale totale e, di conseguenza, misurare e analizzare le risposte di law enforcement di Mosca ci dirà molto sul reale costo che attende i russi nel passaggio da Armata che avanza a Paese occupante. Parimenti, l’eventuale presa di Mariupol permetterebbe il raggiungimento di uno degli obbiettivi principali di Mosca nel conflitto, vale a dire la continuità terrestre tra oblast di Rostov e Crimea. Nel complesso, il Cremlino potrebbe sedersi al prossimo tavolo negoziale con acquisizioni territoriali più rilevanti e spingere Kiev ad accettare compromessi sinora ritenuti improponibili.
A riguardo, non è un caso che il presidente Zelensky, nelle ultime ore, abbia aperto alla possibilità di discutere lo status proprio di Crimea e Donbass. Tali dichiarazioni si palesano in un momento in cui la resistenza ucraina comincia a farsi più flebile e difficoltosa mentre la decisione europea e statunitense è quella di non alzare il tiro dello scontro con Mosca (rifiuto della no-fly zone e di altre forme di intervento dirette in Ucraina). Tuttavia, fa bene ricordarlo, la risoluzione del conflitto ucraino e dello scontro tra Bruxelles, Washington e Mosca passa soprattutto attraverso la definizione della collocazione internazionale di Kiev (neutralità e smilitarizzazione) sulla quale, al momento, le parti sono ancora lontane. In sintesi, siamo agli spiragli di luce che non indicano ancora la fine del tunnel.
di Marco Di Liddo – Analista del CeSI
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