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Il Colle non sia questione di camarille

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Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dichiarato che Elisabetta Belloni, il cui nome è risuonato al Quirinale, è “sua sorella”. Misterioso l’intento di infarcire il prestigio istituzionale con legami personali anziché prospettive concrete.

Il Colle non sia questione di camarille

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dichiarato che Elisabetta Belloni, il cui nome è risuonato al Quirinale, è “sua sorella”. Misterioso l’intento di infarcire il prestigio istituzionale con legami personali anziché prospettive concrete.

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Il Colle non sia questione di camarille

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dichiarato che Elisabetta Belloni, il cui nome è risuonato al Quirinale, è “sua sorella”. Misterioso l’intento di infarcire il prestigio istituzionale con legami personali anziché prospettive concrete.

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Dialoghi ravvicinati dell’Italia di oggi. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dei 5 Stelle, a proposito del capo dei servizi segreti Elisabetta Belloni, il cui nome è stato fatto, certo non da lei, per il Colle ha spiegato: «Elisabetta è mia sorella, alla Farnesina abbiamo lavorato insieme benissimo. Proprio per questo, occhio a non bruciarla».

Da ridere non c’è nulla, la questione è maledettamente seria. Perché il responsabile della Farnesina deve far sapere che la responsabile dei servizi segreti è sua ‘sorella’? Quale che sia la ragione politica di una tale dichiarazione, il suo senso – comunque lo si voglia interpretare – resta soprattutto uno: il ministro degli Esteri della Repubblica è amico della responsabile dei servizi segreti. Vi è in questo annuncio la diapositiva della crisi della politica e di buona parte delle istituzioni italiane.

Un linguaggio che fotografa la fine dei partiti, di un’idea di Paese, per consegnare a chi lo legge una sottolineatura sui rapporti personali. Forse sarebbe il caso che i leader politici italiani e pure i ministri, in queste ore complicate per lItalia, anziché andare per conoscenze, vadano per prospettive. Perché daccordo – volendo comunque usare un po’ di ironia – può darsi avesse ragione Leo Longanesi quando avvertiva che «la rivoluzione in Italia non si può fare perché ci conosciamo tutti».

Ma da lì a dire, di un candidato o di una candidata al Quirinale, è mio fratello o mia sorella ce ne corre. E quel che ci corre si chiama prestigio delle istituzioni.

  di Jean Valjean

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