Prima di giudicare il Governo. I fatti vostri
“Giudicheremo il governo sulla base dei fatti” è la risposta quasi unanime al debutto di Giorgia Meloni. È una buona premessa e un’ottima promessa e si spera saranno mantenute
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“Giudicheremo il governo sulla base dei fatti” è la risposta quasi unanime al debutto di Giorgia Meloni. È una buona premessa e un’ottima promessa e si spera saranno mantenute
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Prima di giudicare il Governo. I fatti vostri
“Giudicheremo il governo sulla base dei fatti” è la risposta quasi unanime al debutto di Giorgia Meloni. È una buona premessa e un’ottima promessa e si spera saranno mantenute
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“Giudicheremo il governo sulla base dei fatti” è la risposta quasi unanime al debutto di Giorgia Meloni. È una buona premessa e un’ottima promessa e si spera saranno mantenute
La risposta, quasi unanime, al debutto di Giorgia Meloni, è stata la seguente: giudicheremo il governo sulla base dei fatti. È una buona premessa e un’ottima promessa e si spera saranno mantenute. Anche se – va notato in omaggio ai fatti – anche il discorso è un fatto e in politica le parole non sono letteratura ma azione bella e buona.
A chi gli chiedeva «Che impressione le ha fatto Giorgia Meloni?», il segretario di Stato della Santa sede, il cardinale Pietro Parolin, ha risposto: «Mi ha dato l’idea di una donna che sa cosa vuole ed è molto determinata nel raggiungerlo». È un fatto da tener presente. Come si sarà reso conto anche Silvio Berlusconi, che in un primo momento aveva sottovalutato «la signora Meloni». A loro volta le opposizioni – al plurale perché i fatti dicono che ce n’è più d’una – hanno preso atto che l’atlantismo, l’europeismo e l’ecologismo ragionato del nuovo governo da un lato rafforzano la maggioranza e dall’altro evidenziano le divisioni della minoranza o intendono ignorare questi fatti e cullarsi in un’immagine di sé stesse non corrispondente ai fatti?
Eh sì, perché il bello del giusto criterio dei fatti è proprio questo: ha una doppia uscita che riguarda sia il giudicato sia il giudicante. Il fatto va giudicato, ma a sua volta il giudizio può essere verificato sulla base della ricostruzione che dà dei fatti e, se la ricostruzione è di comodo, allora si rischia di esporsi all’effetto boomerang. I fatti, amava dire Popper nei confronti di Wittgenstein che giocava un po’ troppo con le parole, hanno la testa dura e vengono sempre a galla.
È vero che i fatti in sé sono stupidi e che ciò che conta sono le interpretazioni. Tuttavia non bisogna nemmeno esagerare, come fanno gli interpreti accademici di Nietzsche che è l’autore della frase qui riportata, e tra il dire e il fare è buona norma raggiungere un ragionevole equilibrio perché i fatti in sé saranno anche stupidi ma il giudice ultimo – l’elettore – non è fesso e capisce benissimo quando lo si vuole raggirare con vuote parole. Quindi, tutta la deriva linguistica e nominale della politica – le desinenze, gli articoli, la Treccani, la Crusca ma anche il battesimo dei Ministeri con nuovi nomi – è bene superarla una volta per tutte perché da che mondo è mondo il troppo stroppia. I fatti hanno un che di universale: riguardano sì il governo e l’opposizione, ma per loro natura riguardano la cronaca, la società, la vita. Insomma, per dirla con il titolo di una trasmissione, sono sempre fatti vostri.
Si prenda a esempio quanto accaduto l’altro giorno a La Sapienza. Era previsto un legittimo e autorizzato convegno e gli studenti dei collettivi di sinistra, a loro volta organizzati per impedire lo svolgimento del dibattito, si sono scontrati con i poliziotti. Cosa c’è qui di più importante dei fatti? E i fatti dicono che nell’aula dedicata a Massimo D’Antona, ucciso dalle Nuove Brigate Rosse nel 1999, non vi erano fascisti ma Daniele Capezzone e Fabio Roscani che dovevano parlare di capitalismo in un convegno organizzato dal movimento studentesco legato a Fratelli d’Italia. In un Paese civile, nel quale vogliamo vivere, si può discutere liberamente o c’è bisogno ogni volta dell’intervento della polizia?
I fatti vanno raccontati bene, altrimenti sui fatti raccontati in modo molto, molto opinabile cresce la mala pianta dei cattivi maestri – che nel pensier rinnova la paura – e chi ne paga il prezzo più alto sono proprio gli studenti. Ecco perché, dulcis in fundo, i fatti sono fatti seri soprattutto per gli opinionisti. Raccontarci bene le cose è decisivo.
Di Giancristiano Desiderio
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