Il dramma di una sinistra senza idee
Fin dalla sua nascita e in qualunque latitudine, la sinistra è stata sinonimo di lavoro. È sconcertante vedere che nel corso dei decenni si sia prodotta una afasia nel campo di quelli che dovrebbero tutelarlo

Il dramma di una sinistra senza idee
Fin dalla sua nascita e in qualunque latitudine, la sinistra è stata sinonimo di lavoro. È sconcertante vedere che nel corso dei decenni si sia prodotta una afasia nel campo di quelli che dovrebbero tutelarlo
Il dramma di una sinistra senza idee
Fin dalla sua nascita e in qualunque latitudine, la sinistra è stata sinonimo di lavoro. È sconcertante vedere che nel corso dei decenni si sia prodotta una afasia nel campo di quelli che dovrebbero tutelarlo
Al di là del risiko sui numeri che confermano che in politica la matematica è solo purissima opinione, forse si può analizzare il risultato referendario in un quadro più di fondo. Di “sistema”, se il termine non urta troppo.
Proviamoci. Fin dalla sua nascita e in qualunque latitudine, la sinistra è stata sinonimo di lavoro: della sua difesa e di quella dei lavoratori. “Lavoratori di tutto il mondo unitevi” è stato il mantra che ha guidato i progressisti nel mondo. Ebbene, è sconcertante vedere che i cambiamenti che nel corso dei decenni hanno caratterizzato il lavoro hanno via via prodotto una afasia – concettuale e pratica – nel campo di quelli che dovrebbero tutelarlo, rinnovarlo, salvaguardarlo. I lavoratori hanno via via perso diritti (alcuni dei quali diventati anacronistici) senza che la sinistra abbia saputo contrastare il fenomeno.
La globalizzazione – in particolare nei Paesi ricchi dove la sinistra pesca i maggiori consensi senza cedere alle sirene del populismo – invece che ridurre ha amplificato le disparità, sterminando il ceto medio (spina dorsale di qualunque sistema democratico) e allargando la moltitudine dei meno abbienti. Anche qui la sinistra ha balbettato. Il risultato, ahimè non soltanto in Italia, è che i progressisti si sono divisi. Fra chi insegue improbabili sogni di ritorni al passato del sol dell’avvenire e chi scimmiotta velleitariamente la destra.
Via via la sinistra è diventata il campo dei garantiti. Di chi il lavoro ce l’ha o ce l’ha avuto e ora è in quiescenza. Sempre più tralasciando i bisogni di chi il lavoro lo cerca, lo trova precario e malpagato. Senza più le tutele di una volta ma anche senza saperne individuare di nuove e più efficaci. La Cgil che, un decennio dopo, chiede l’abolizione del Jobs Act votato dalla sinistra dell’epoca è l’esempio più calzante dello smarrimento in atto.
Idem per la sicurezza. Concetto anch’esso strettamente connesso alla sinistra: cos’è se non sicurezza la garanzia di avere una pensione quando la vecchiaia ti espunge dal mondo produttivo? Per non dire della sanità. Del welfare nato e costruito attorno ai bisogni dei più poveri, per assicurare loro la possibilità di curarsi con umanità e civiltà. Eppure anche qui la sinistra è arretrata e la destra ha finito col prevalere.
Quando è entrato in scena il dramma dell’immigrazione clandestina – cioè di una massa di disperati che cerca vie di sopravvivenza in un mondo dove il 25% della popolazione detiene e consuma il 75% della ricchezza – la sinistra è andata in tilt. E, senza voler infierire, fanno tenerezza i tanti che s’indignano per il risultato del referendum sulla cittadinanza. Che dimostra che anche fra i progressisti l’immigrato è percepito come un pericolo e non come una opportunità. Più che stracciarsi le vesti, sarebbe utile provare a capire.
Al dunque il pericolo per la democrazia non viene, come sostiene Landini, dalla scarsa affluenza ai seggi. Che pure è un risultato drammatico per il quale troppi versano lacrime di coccodrillo. Il pericolo sta nel fatto che la metà del cielo politico non ha più idee vincenti. Non sa più come analizzare e fronteggiare la realtà che incombe. E che pretende interventi strutturali più che lai tanto alti quanto sballati.
Nei giorni scorsi, sul “Corriere”, Walter Veltroni ha lamentato che i democratici americani non sono stati capaci di alimentare un progetto di società valido, un sogno corposo e vincente. E questo ha spianato la strada a Trump. Forse il ragionamento vale anche per questa parte dell’Atlantico. Il mito dell’eguaglianza è affondato nelle ricorrenti crisi economiche. La fraternità appare un simulacro ultraterreno che soltanto la Chiesa può alimentare. La libertà si è sposata con un mare magnum di diritti spesso più immaginati che reali senza che ci sia un bilanciamento sui doveri. La destra cresce e la sinistra langue: servono idee, non giaculatorie.
Di Carlo Fusi
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