Essere, ma che cosa? Questo è il dilemma. S’avanza nell’Italia che ha il Parlamento più populista della sua storia repubblicana – sommando gli eletti della Lega a quelli dei 5 Stelle – una domanda piuttosto amletica: ma com’è possibile che nonostante questa composizione, dalle sensibilità non ostili verso Mosca e pure verso Pechino, sia venuta fuori la politica di governo più atlantista della recente storia italiana? La risposta è semplice: perché i populisti italiani sono – politicamente – delle vere pippe. Non hanno un’idea di collocazione internazionale dell’Italia che tenga insieme il gioco dei pesi e dei contrappesi quando la posta in ballo è il potere. Non hanno un’idea della necessità di scegliere una politica estera nel quadro europeo, in continua evoluzione unitaria. Non gli balena per la mente una visione di cosa far dell’Italia, un fare che vada oltre l’attimo dell’istante di un talk o di una dichiarazione social.
In queste ore, dove fioccano i dibattiti sulla variante grillina rispetto alle scelte necessarie sull’aumento della spesa militare italiana, quel che manca al populismo è tutto. Una visione del mondo, financo degli errori. Persino l’assenza. E poiché in politica ciò che non conta è proprio quel che non c’è, come in una messa in scena teatrale non resta che prendere atto non delle mancanze ma della sconfitta del populismo nazionale. Del suo nulla. Quanto ai dibattiti alla tv con i populisti, risparmiateceli. Per noia, certamente. Ma soprattutto per mancanza di protagonisti.
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