Il Salva Milano non va più bene? Rifatelo. Subito
Abbiamo fatto diventare il “Salva Milano” una questione di maggioranza-opposizione. Se si è deciso di far morire il provvedimento arenatosi al Senato, si proceda con uno nuovo
Il Salva Milano non va più bene? Rifatelo. Subito
Abbiamo fatto diventare il “Salva Milano” una questione di maggioranza-opposizione. Se si è deciso di far morire il provvedimento arenatosi al Senato, si proceda con uno nuovo
Il Salva Milano non va più bene? Rifatelo. Subito
Abbiamo fatto diventare il “Salva Milano” una questione di maggioranza-opposizione. Se si è deciso di far morire il provvedimento arenatosi al Senato, si proceda con uno nuovo
Salva Milano addio? Fatene uno nuovo. Non smetto mai di guardare con passione e occhio critico – è il mio lavoro – alla città che mi ha adottato ormai oltre un quarto di secolo fa. Alla Milano in cui arrivai da immigrato privilegiato per fare uno dei lavori più belli che possano esistere: parlare alla radio.
Tante volte ho scritto – raccogliendo secchiate di critiche non di rado preconcette – delle caratteristiche per certi aspetti uniche del capoluogo lombardo nel panorama italiano. In termini di possibilità e apertura al mondo (sempre che si abbia voglia di lavorare, sperimentarsi e mettersi in gioco). Resto fermamente di quest’idea, vivendo – pur con tutte le difficoltà e le critiche ben note e mai nascoste – questo fazzoletto di “terra delle opportunità” in un contesto economico che troppe volte si accontenta di vivacchiare.
Negli ultimi tempi, tanti amici e colleghi in giro per l’Italia mi hanno però fatto notare come da Milano arrivino vibrazioni ed echi non esattamente positive. Eufemismo.
La storiaccia di quel locale che non citerò, dei suoi improbabilissimi gestori, di una clientela inguardabile, di una cafoneria insopportabile e offensiva – molto offensiva per lo storico understatement meneghino – sono state solo la goccia di un vaso che in termini di immagine si era già abbondantemente colmato.
A partire dalla storia ben più grave e gravida di conseguenze delle inchieste della magistratura sull’espansione immobiliare della città.
Le due vicende sono ovviamente diversissime. Non vanno mai sovrapposte. Ma viste da fuori contribuiscono a dare forza ai tanti che per invidia, banale ignoranza della realtà o perché fa figo trovare un obiettivo da impallinare non vedevano l’ora di intonare il De Profundis di Milano. “Rea” di aver vissuto una lunga età dell’oro, dello sviluppo e del protagonismo dai tempi di Expo a oggi. E che continua.
Questa è moda social e non esito a bollarla come tale. Poi però ci sono le vicende dolorosamente concrete. Come chi vive nel terrore di veder bruciati i propri investimenti sull’altare di inchieste che non si sa dove andranno a finire e soprattutto con quali tempi. Di un improvviso immobilismo del mercato, terrorizzato dal fare qualsiasi mossa sull’onda di possibili conseguenze giudiziarie.
Abbiamo fatto diventare il “Salva Milano” una questione maggioranza-opposizione e di beghe di correnti. Quando il provvedimento ideato per trovare una soluzione all’empasse di decine e decine di cantieri è un dovere morale nei confronti di chi ha investito i propri quattrini in perfetta buona fede.
Se si è deciso di far morire il provvedimento arenatosi al Senato, si proceda con un nuovo provvedimento, ci si metta intorno a un tavolo facendo ciò che è giusto, prima ancora che utile. Subito!
L’interesse dei cittadini onesti viene sempre prima di ogni altra cosa.
Fatemi aggiungere che è in gioco anche lo spirito della città, a un anno dalla straordinaria opportunità delle Olimpiadi.
Di Fulvio Giuliani
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