Lo Stato mette a disposizione una pioggia di incentivi per la fusione dei Comuni. Ma per rendere efficiente la spesa pubblica basterebbe condividere la gestione dei servizi, preservando l’identità dei municipi.
Fondetevi e vi sarà dato. “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato un’interessante fotografia relativa agli incentivi statali a disposizione per i Comuni italiani che realizzano un progetto di fusione tra di loro. Guardando alla realtà di questo fenomeno in Veneto (dove ai soldi statali si aggiungono anche risorse della Regione e altri incentivi), i numeri evidenziano come nonostante i danari a disposizione l’orgoglio del campanile continui a resistere. Meno male, aggiungiamo noi. Provando a spiegare il perché.
I Comuni sono il vero simbolo della storia italiana, una terra cresciuta nei secoli attraverso i suoi Municipi, tra scontri e alleanze. Ai Comuni si sono poi aggiunte le Province, concetto portato in Italia da Napoleone e infine le Regioni che con l’identità del nostro Paese c’azzeccano assai meno. Ebbene, oggi il problema riguardo ai Comuni e all’efficienza della spesa pubblica non riguarda il Comune in sé bensì la gestione dei servizi.
Un piccolo Comune di qualche centinaio di abitanti o giù di lì infatti come macchina amministrativa costa poco, quel che costa invece sono i servizi da erogare. Sarebbe quindi più utile lasciare al singolo Municipio il proprio orgoglio e condividere invece la gestione dei servizi con altri Comuni vicini, creando un bacino di utenze che efficienti la spesa, garantendo un buon servizio e trasparenza. Peccato però che in Italia il gusto della cultura dell’incentivo (diventata poi cultura del bonus) rappresenti anch’esso un pezzo di storia nazionale. Questa sì da cambiare.
di Jean Valjean
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