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Indecisionismo, fine vita e caos

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L’ignavia del Parlamento, sollecitato invano dalla Corte costituzionale a colmare il vuoto legislativo sul fine vita, autorizza le Regioni a procedere autonomamente. Lo ha fatto la Toscana, lo farà il Veneto e altre seguiranno

Il fine vita

Indecisionismo, fine vita e caos

L’ignavia del Parlamento, sollecitato invano dalla Corte costituzionale a colmare il vuoto legislativo sul fine vita, autorizza le Regioni a procedere autonomamente. Lo ha fatto la Toscana, lo farà il Veneto e altre seguiranno

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Indecisionismo, fine vita e caos

L’ignavia del Parlamento, sollecitato invano dalla Corte costituzionale a colmare il vuoto legislativo sul fine vita, autorizza le Regioni a procedere autonomamente. Lo ha fatto la Toscana, lo farà il Veneto e altre seguiranno

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L’ignavia del Parlamento, sollecitato invano dalla Corte costituzionale a colmare il vuoto legislativo sul fine vita, autorizza le Regioni a procedere autonomamente. Lo ha fatto la Toscana, lo farà il Veneto, altre seguiranno. Non tutte le Regioni prevederanno le stesse modalità del trapasso medicalmente assistito, non tutte contempleranno il diritto a ricorrervi per i propri cittadini. Insomma, un caos. Caos che, nonostante i sondaggi dicano che la maggioranza degli italiani è favorevole, dipende dal sacro terrore dei partiti politici di scontentare il Vaticano. La ferma contrarietà della Chiesa cattolica all’eutanasia nonché a una legge sul fine vita presenta almeno un paio di incongruenze.

Sappiamo che da un punto di vista ecclesiastico la vita umana ‘appartiene’ a Dio. L’uomo, dunque, non ne può disporre. Teoria discutibile in tempi passati, surreale nei tempi odierni. La scienza medica ha infatti compiuto passi da gigante. L’età media si è allungata, ma non per questo il corpo umano è stato sanato. È sgradevole ammetterlo, ma se anche Dio o il Caso ci eviteranno malattie o traumi gravemente invalidanti, il destino di chi tra noi giungerà a una veneranda età senza essere costretto da un male improvviso a congedarsi dalla vita è quello di concludere i propri giorni attaccato a un macchinario sanitario. Detta altrimenti: trascorrere l’ultima fase della propria esistenza immobilizzati su un letto senza la speranza di poterci un giorno alzare. Perciò, considerando la scarsa sintonia del mondo ecclesiastico con l’universo della tecnica, è curioso notare come il potere negato all’uomo sia invece riconosciuto alla macchina.

Più suggestiva la seconda incongruenza. In “Utopia”, riflettendo sulla condizione del malato grave inguaribile, l’umanista inglese Tommaso Moro esorta «sacerdoti e magistrati» ad accettare che quando «il vivere è diventato per lui una tortura, sia lui stesso, animato da serena fiducia, a liberarsi di sua mano di quell’esistenza penosa come da una prigione o da un supplizio, oppure a consentire di sua volontà che siano gli altri a strapparnelo». Nel Cinquecento il cattolico Moro non poteva sapere che un giorno la scienza medica e la tecnica applicata alla medicina avrebbero consentito a milioni di persone di allontanare la morte senza per questo riconquistare la pienezza della vita. Ma il senso delle sue parole resta intatto: quando la vita appare oggettivamente invivibile, va accettato, e in fondo compreso, l’arbitrio di chi sceglie di accomiatarsene. Una posizione chiara, inequivocabile, che tuttavia non impedì a Tommaso Moro di essere beatificato da Leone XIII (1889), proclamato santo da Pio XI (1939) e dichiarato patrono dei governanti e dei politici da Giovanni Paolo II (2000). Tommaso Moro era indiscutibilmente a favore dell’eutanasia, ciò nonostante nell’arco di poco più di un secolo ben tre papi hanno fatto di lui un punto di riferimento della Chiesa.

Ecco, se non alle opinioni dei cittadini riportate dai sondaggi, i parlamentari e i leader di partito farebbero bene a richiamarsi alle riflessioni di Moro piuttosto che ai diktat delle gerarchie vaticane. E se invece fossero contrari a ogni ipotesi di uscita volontaria dalla vita, beh, che si assumessero la responsabilità di un esplicito divieto. Tutto è meglio rispetto all’indecisionismo nazionale e al conseguente caos regionale.

di Andrea Cangini

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