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L’intesa (possibile?) fra maggioranza e opposizione

Costruire un’intesa fra maggioranza e opposizione che superi la solita, uggiosa canea? Si può eccome. Peccato che avvenga sul terreno più sbagliato

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L’intesa (possibile?) fra maggioranza e opposizione

Costruire un’intesa fra maggioranza e opposizione che superi la solita, uggiosa canea? Si può eccome. Peccato che avvenga sul terreno più sbagliato

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L’intesa (possibile?) fra maggioranza e opposizione

Costruire un’intesa fra maggioranza e opposizione che superi la solita, uggiosa canea? Si può eccome. Peccato che avvenga sul terreno più sbagliato

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Costruire un’intesa fra maggioranza e opposizione che superi la solita, uggiosa canea? Si può eccome. Peccato che avvenga sul terreno più sbagliato

Costruire un’intesa fra maggioranza e opposizione che superi la solita, uggiosa canea? Si può eccome. Peccato che avvenga sul terreno più sbagliato, offrendo al Quirinale la possibilità di intervenire e di dimostrarsi ancora una volta in sintonia con l’umore popolare (ma guai a citare il populismo, è sacrilegio) assai più di partiti, partitini, movimenti e ammennicoli vari. Succede che di soppiatto, come i ladri di Pisa, l’opposizione Pd-Avs scriva un emendamento al decreto fiscale per raddoppiare il finanziamento pubblico poi fatto proprio dalla maggioranza e che Mattarella decreti lo stop per ragioni procedurali ineccepibili (che c’entrano gli «straordinari casi di necessità ed urgenza» dei decreti con le tasche dei partiti?) ma che sono di pura sostanza politica. In un periodo di sacrifici, con aumenti irrisori per intere categorie come medici e pensionati, con che faccia si moltiplica per due l’appannaggio partitocratico? Serve un provvedimento ad hoc, come fa rilevare il Colle. Magari, aggiungiamo noi, corredato dall’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione che obbliga i partiti ad attuare al loro interno meccanismi di democraticità. Scritto nel 1948, è ancora inevaso.

In realtà l’intervento del capo dello Stato è la riprova della progressiva destrutturazione del quadro politico che avvinghia sia il centrodestra che la sponda opposta. Vediamo.

La maggioranza fatica ogni giorno di più a nascondere le proprie crepe e anzi da qualche mese pare crogiolarsi a esporle con voluttà. L’ultimo esempio in ordine di tempo è la plateale dissociazione di FI che vota con le opposizioni il no alla proroga del taglio del canone Rai. Sono 20 euro: qualcuno può davvero credere che il problema stia lì? La verità è che Giorgia Meloni invita i partner a prendere un tè e in favore di telecamera sono sorrisi e giulebbe salvo poi neppure ventiquattr’ore dopo dilaniarsi in Parlamento, sui giornali e sulle medesime tv. Il compito di una presidente del Consiglio non è quello di ribadire un minuto sì e l’altro pure che ‘la gente’ è con lei e che durerà tutta la legislatura, quanto di esercitare la propria leadership trovando la sintesi laddove la conflittualità fra alleati esplode. Altro che ricorrere al Sordi di «Stateve bóni». Il fatto che l’opposizione non appaia in grado di esercitare con efficacia il suo ruolo e dimostrarsi una possibile alternativa non alleggerisce il quadro: semmai lo peggiora. Un governo che fatica a governare e un’opposizione evanescente sono la micidiale ricetta per una crisi dell’intero sistema.

Abbiamo citato l’opposizione: ecco, se Sparta piange Atene è un fiume di lacrime. Il voto regionale ha rafforzato il Pd, ma la messa a punto di una coalizione dotata di un programma condiviso capace di convincere gli elettori e magari recuperare parte dell’astensionismo resta allo stato gassoso. Con in più la tragedia (o farsa?) dei Cinque Stelle che si dilaniano fra carte bollate, accuse di tradimento e metaforiche botte da orbi fra il fondatore ex garante e il già capo di governi double face che si allea con chiunque, basta che resti a Palazzo Chigi. La cosa più disarmante è che lo scontro non avviene su piattaforme politiche alternative o ‘visioni’ contrapposte dell’Italia, ma su ripicche di potere e scelte di convenienza a stare con Grillo o con Conte: triste epilogo di una forza politica che doveva cambiare i connotati istituzionali al Paese.

Messe insieme, la crisi della maggioranza, gli interventi del Quirinale e l’inconsistenza dell’opposizione producono una melassa – anzi un pantano – che poi non a caso fa sì che gli elettori preferiscano restare a casa piuttosto che recarsi a votare. Il quadro è reso ancor più drammatico dal fatto che nelle prossime settimane e mesi governo e opposizione saranno chiamati, ciascuno nel proprio ruolo, a confrontarsi con la nuova amministrazione Usa e con la stagnazione che si profila. Terribile mix.

di Carlo Fusi

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