Descrivemmo nel dettaglio le nostre critiche al disegno di legge Zan, contenente errori e taluni risvolti anche pericolosi, sicché non siamo fra quanti vestono il lutto. Neanche, però, crediamo che il voto parlamentare di ieri tenga più di tanto conto del merito.
La scena non è delle più edificanti: da una parte la sinistra che pretende d’intestarsi in esclusiva la civiltà, con un testo a dir poco discutibile; dall’altra la destra che gli rompe il giocattolo. Il che capita su una materia di competenza parlamentare, campo riservato alle forze politiche, senza alcun ruolo del governo.
Dal che facciamo discendere l’istruttiva indicazione: se non imparano a discutere civilmente e nel merito (contro l’omofobia si può comodamente fare l’unanimità) i partiti ottengono il solo risultato di elidersi a vicenda, salvo poi ritrovarsi a sostenere il medesimo esecutivo, che autodetermina e autorealizza la propria linea politica. Detto in modo più sintetico e ruvido: si trovano a non contare nulla. Il che può anche far piacere a chi non li abbia in naturale simpatia, ma resta una condizione piuttosto distante dal corretto funzionamento della democrazia.
Per rimediare bisogna riporre la propaganda parolaia e riprendere la politica delle sane e opportune mediazioni. Quel disegno di legge sia il testo base, da depurare dalle impuntature ideologiche e discriminatorie, regressive, e da integrare con dosi massicce di difesa della libertà individuale. Poi tornare al voto e approvare fra gli abbracci.
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