La partita tra magistratura e politica
Ritorna il leitmotiv della seconda Repubblica: lo scontro fra politica e magistratura. Una nuova partita è iniziata e non promette nulla di buono
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Ritorna il leitmotiv della seconda Repubblica: lo scontro fra politica e magistratura. Una nuova partita è iniziata e non promette nulla di buono
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Ritorna il leitmotiv della seconda Repubblica: lo scontro fra politica e magistratura. Una nuova partita è iniziata e non promette nulla di buono
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Ritorna il leitmotiv della seconda Repubblica: lo scontro fra politica e magistratura. Una nuova partita è iniziata e non promette nulla di buono
Ci risiamo. Ritorna il leitmotiv della seconda Repubblica (che ha le sue origini nella prima): lo scontro fra politica e magistratura. Può mutare questo o quell’atto, proprio come nel teatro di Wagner, ma il tema musicale resta invariato. Più volgarmente: cambiano i musicanti ma la musica è sempre la stessa.
Le cose che ha detto il ministro Crosetto oscillano fra l’uovo di Colombo e il segreto di Pulcinella: il governo «può essere messo a rischio dall’opposizione giudiziaria, fazione antagonista che ha sempre affossato i governi di centrodestra». In verità, non soltanto i governi di centrodestra. Diciamo che la magistratura organizzata ha affossato o azzoppato anche i governi di centrosinistra, ma ha nutrito un particolare feeling con i governi del Cavaliere.
Il giustizialismo è il filo rosso della vita pubblica italiana da trent’anni. Nel 1993 la grande marea dell’antipolitica – che univa opinione popolare, giudici e partiti – colpì e affondò l’articolo 68 della Costituzione: furono negate garanzie che l’Assemblea costituente aveva saggiamente previsto per proteggere il Parlamento dalle forze aggressive esterne e per riconoscere all’istituto parlamentare la sua funzione centrale. Da quel momento in poi la democrazia italiana non è più stata “rappresentativa” bensì “giudiziaria” e il “terzo potere” – che Francesco Cossiga definiva più correttamente “ordine dello Stato” – è salito imperiosamente in cattedra squilibrando definitivamente la già barcollante teoria di Montesquieu della divisione e del bilanciamento dei tre poteri.
Detto in due parole: il Parlamento non è più centrale e non svolge più la funzione sovrana senza la quale tutto va a scatafascio, cioè la limitazione del potere. Anzi, il Parlamento si è messo da solo nella bocca del leone: sotto la tutela della magistratura la quale, non a caso, ritiene di essere la guardiana della ‘vera’ democrazia. Su questa linea giustizialista convergono di volta in volta ampi settori dell’opinione pubblica, la sinistra più estrema e urlante che oggi è quasi tutta la sinistra, la stessa destra di natura sociale o ‘fasciocomunista’. Insomma, nella pancia dell’Italia vi è una cultura antiparlamentare che ha una storia lunga più di un secolo.
Quali sono le novità di oggi? Sono due. Una è nelle parole di Crosetto. Quando il ministro dice che il governo può essere messo a rischio soltanto dall’opposizione giudiziaria, dice in fondo che non c’è un’opposizione politica. Il che è vero. Il Pd e il M5S costituiscono un’opposizione urlante, piazzaiola (con il sindacato, il femminismo pro Hamas e contro Israele) che non genera né consenso né alternativa di governo. Un’altra è la riforma della giustizia che introduce la valutazione dei magistrati ma non la separazione delle carriere. Ma i magistrati organizzati – Anm, magistratura democratica, tutto il mondo che Berlusconi chiamava “toghe rosse” – non soltanto non vogliono essere separati fra giudici e pubblici ministeri, ma non vogliono nemmeno essere valutati, come accade ormai a tutte le figure professionali (medici, dirigenti, insegnanti).
Ecco allora che ritorna il tono musicale della seconda Repubblica nelle parole ‘preventive’ del ministro Crosetto, che ieri ha riconfermato in Aula quanto detto. La nuova partita fra politica e magistratura è appena iniziata e non promette nulla di buono. Sulla scena si presenta infatti un sistema istituzionale debole che, dopo il colpo inferto al Parlamento nel 1993, scappa facilmente di mano generando continuamente anomalie: governi ‘del Presidente’, esecutivi ‘tecnici’, doppi mandati al Quirinale.
di Giancristiano Desiderio
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