La rinascita del sentimento pro-NATO
Il segretario generale della Nato propone la creazione di un fondo quinquennale pro Ucraina. È tempo di di cogliere un riNato interesse europeo
La rinascita del sentimento pro-NATO
Il segretario generale della Nato propone la creazione di un fondo quinquennale pro Ucraina. È tempo di di cogliere un riNato interesse europeo
La rinascita del sentimento pro-NATO
Il segretario generale della Nato propone la creazione di un fondo quinquennale pro Ucraina. È tempo di di cogliere un riNato interesse europeo
Il segretario generale della Nato propone la creazione di un fondo quinquennale pro Ucraina. È tempo di di cogliere un riNato interesse europeo
Chissà se si troverà tempo e voglia di parlarne, nel corso della campagna elettorale europea. Quel che la realtà propone comunque s’impone, ma informarne i cittadini è la condotta che rende forti le democrazie. Non c’è margine per cambiare alcuna posizione, relativamente alla solidarietà con l’Ucraina e agli aiuti – anche in armi – che mandiamo e continueremo a mandare. Lo hanno capito anche i due putiniani di maggior rilievo: Le Pen e Salvini. Lo hanno capito tardi, ma lo hanno capito. Il punto non è se continueremo a stare dalla parte degli ucraini, ma se sapremo trarne le dovute conseguenze e il pur doloroso profitto.
Il segretario generale della Nato – che presto cambierà, senza che per questo si cambi direzione di marcia – propone la creazione di un fondo quinquennale, in modo da rendere chiaro che la scelta pro Ucraina non è revocabile (chiunque vinca le elezioni negli Stati Uniti o altrove) e che siamo pronti a tenerla ferma per anni. Ha un senso ma, a parità di costo, l’Unione europea ha la possibilità di guardare ancora oltre. A cavallo fra la Prima e la Seconda guerra mondiale gli Stati nazionali europei sono divenuti roba vecchia e inservibile. Avevamo secoli di guerre alle spalle, ma sempre la capacità di ritrovare un equilibrio composto non solo secondo la regola westfaliana – quindi con gli Stati nazionali al tavolo e quali unici soggetti – ma anche con tavoli di soli europei. Se la Prima guerra mondiale fu l’apice dei nazionalismi espansivi, la Seconda fu la loro tomba. Dopo di essa la scena mondiale era dominata da due potenze giovinette: gli Usa (che in quel modo si affacciavano alla scena globale, dominando il campo delle democrazie) e l’Urss (che si affermava per dominio territoriale e quale promessa ideologica). Nulla di ciò sarebbe stato possibile se gli Stati nazionali europei non si fossero massacrati con le loro stesse mani. È simbolico, ma assai significativo, che il più nazionalista di questi Stati si ritrovò diviso in due, annientato. La promessa sovietica si rivelò quel che i democratici avevano già visto: un incubo di miseria e totalitarismo. Dalle nostre parti, allora come oggi, vi furono legioni di fedeli e sinceri ammiratori di quel sistema. E, allora come oggi, non resta loro altro che vergognarsene, dato che averlo sognato è un’aggravante, non un’attenuante. Il crollo sovietico rese possibile la riunificazione europea e in essa, cosa simbolica e stracolma di significato, anche la riunificazione tedesca.
Nel tempo presente, quello in cui Putin prova a riportarci a quello che precedette la Prima guerra mondiale (ma otterrà soltanto ciò che non s’era mai visto, ovvero la Russia ridotta a vassallo della Cina) c’è una nuova giovinetta: l’Unione europea. Tocca a lei, tocca a noi, stabilire se si vuole passare all’età adulta. L’Urss è caduta in un tale buco nero da avere prodotto i raggi di un neozarismo mistico. Gli Usa restano la democrazia guida delle democrazie, ma l’invecchiamento non si vede solo nella corsa senile verso la Casa Bianca, bensì nel modo in cui ragionano circa la proiezione della potenza fuori dai confini. Il nuovo isolazionismo non nasce con Trump, ma con le presidenze democratiche dopo Reagan. Semmai fu interrotto da quelle repubblicane dei Bush, il cui partito è ora occupato da un alieno, rispetto a quelle posizioni. Prima o dopo passerà, ma ora è così. E ora è il tempo delle nostre scelte. Non possiamo scegliere se stare dalla parte degli ucraini, lo abbiamo già fatto. Possiamo scegliere se quello è il punto di svolta per dare vita a una difesa europea, che comporta una politica estera europea e un’industria europea. Contrariamente a quel che dicono i luogocomunisti, di strada ne abbiamo fatta molta da quando i più lucidi capirono la fine degli Stati nazionali e pensarono all’unità europea. Ma è ora il tempo di divenire adulti, di cogliere un riNato interesse europeo. Ci sono cose che succedono anche quando chi le vive non se ne accorge, ma vengono meglio se le si comprende.
Di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche