La scuola è il maggior problema italiano
La scuola è molto probabilmente il maggior problema italiano e, forse, lo sarà per sempre perché non se ne ha nemmeno consapevolezza
La scuola è il maggior problema italiano
La scuola è molto probabilmente il maggior problema italiano e, forse, lo sarà per sempre perché non se ne ha nemmeno consapevolezza
La scuola è il maggior problema italiano
La scuola è molto probabilmente il maggior problema italiano e, forse, lo sarà per sempre perché non se ne ha nemmeno consapevolezza
La scuola è molto probabilmente il maggior problema italiano e, forse, lo sarà per sempre perché non se ne ha nemmeno consapevolezza
La scuola è molto probabilmente il maggior problema italiano e, forse, lo sarà per sempre perché non se ne ha nemmeno consapevolezza. Il cuore della scuola è la motivazione. Degli studenti ad apprendere e dei docenti a insegnare. Quando questa doppia motivazione s’incontra si ha la riuscita della scuola, altrimenti si ha il fallimento. In Italia questo incontro – salvo casi eccezionali che riguardano i singoli e non il sistema – non si verifica, non per caso ma per necessità. In quel punto preciso dove nasce ciò che è scuola – ossia la relazione maestro-discepolo – si è infatti inserito lo Stato che ha avocato a sé tanto l’insegnamento quanto l’apprendimento, trasferendo il valore culturale e umano della scuola nel valore burocratico e legale dei titoli di studio. In questo modo l’insegnante non è né un umanista né un pedagogo bensì un impiegato del Ministero. Lo studente è un utente che attende che gli sia rilasciato il diploma – una specie di ticket – che gli darà l’accesso e l’illusione di poter frequentare l’università e maturare competenze per avere un lavoro.
La scuola è una sorta di succursale periferica del Ministero interamente regolata da circolari e leggi. Insomma, la scuola italiana è amministrata da una sorta di intelligenza artificiale ante litteram – il valore legale dei titoli di studio – che negando il potere spirituale (la scuola) a tutto vantaggio del potere temporale (lo Stato) danneggia con una sola fava due piccioni: la scuola perché è neutralizzata e lo stesso Stato perché ne inaridisce le fonti intellettuali e morali che sono la base indispensabile di ogni vita democratica. Si dirà: ma non è stato sempre così? No. Non è stato sempre così.
Fino alla fine degli anni Sessanta in Italia vigeva il semi-valore legale dei titoli di studio o valore indiretto. Il “pezzo di carta”, come lo chiamava giustamente Luigi Einaudi, aveva sì un valore legale ma il sistema dell’istruzione era formato da un doppio canale – licei e professionali – che di fatto facevano del diploma liceale un titolo platonico indispensabile per iscriversi all’università e del diploma professionale un titolo finito per instradarsi nel mondo del lavoro. Con la nascita della scuola di massa e l’accesso indiscriminato all’università questo sistema è stato distrutto e si è creato uno statalismo scolastico in cui la scuola – ossia insegnanti e studenti – è stata prima consegnata allo Stato e poi ai sindacati con la creazione dell’ideologia della “scuola pubblica” che è, per ironia della sorte e dell’ignoranza, la più completa privatizzazione della scuola che si sia mai vista.
La scuola è diventata così un enorme manicomio in cui chi parla di “pubblico” in realtà afferma il “privato” – quella che una volta si chiamava partitocrazia, come diceva Pannella, o partitomania, come diceva ancor prima Croce – e chi afferma il “privato” (nessuno) in realtà propone il “pubblico”, con uno scambio di parole, cose e significati degno della torre di Babele o della più modesta e realistica commedia degli equivoci. Ci vorrebbe un segnale stradale veritiero del tipo: “Uscita dal manicomio” o, come diceva Silone, “Uscita di sicurezza”. Ma è inutile, perché i pazzi ritengono di essere savi e il più pazzo di tutti è colui che pensa di fare dei pazzi dei savi.
Ecco perché la scuola è il maggior problema italiano ed è senza soluzione: perché il problema non è nemmeno individuato da chi lo dovrebbe affrontare. La scuola è destinata così a generare miti che si chiamano diplomi, competenze, esami, corsi, aggiornamenti e che sono una sorta di istruzione all’ignoranza. Per fortuna, in questa notte in cui tutte le vacche sono nere e pazze, ogni tanto si realizza il miracolo dell’incontro della motivazione dello studente ad apprendere e del maestro a imparare insegnando.
di Giancristiano Desiderio
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