Le banche e i tassi
Le banche e i tassi: introdurre per decreto, con effetto retroattivo, una tassazione discriminatoria degli utili bancari è una misura probabilmente incostituzionale e preoccupante
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Le banche e i tassi: introdurre per decreto, con effetto retroattivo, una tassazione discriminatoria degli utili bancari è una misura probabilmente incostituzionale e preoccupante
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Le banche e i tassi: introdurre per decreto, con effetto retroattivo, una tassazione discriminatoria degli utili bancari è una misura probabilmente incostituzionale e preoccupante
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Le banche e i tassi: introdurre per decreto, con effetto retroattivo, una tassazione discriminatoria degli utili bancari è una misura probabilmente incostituzionale e preoccupante
Introdurre per decreto, con effetto retroattivo, una tassazione discriminatoria degli utili bancari è una misura probabilmente incostituzionale, oggettivamente masochista e indubbiamente preoccupante. Fare un danno al Paese di nove miliardi per raccoglierne due o tre e poi fare parziale retromarcia è cosa da dilettanti. Fa pensare al vecchissimo cartoon di Walt Disney “L’apprendista stregone”. Indipendentemente da come finirà la vicenda, un danno significativo alla credibilità del Paese è stato fatto in un momento particolarmente inopportuno, perché fa seguito a scomposti attacchi ‘politici’ all’indipendenza della Bce, in una situazione in cui la stabilità dei conti pubblici dipende in parte significativa dal contenimento dello spread, cioè del “rischio Italia”. Il mito del pragmatismo e prudenza del duo Meloni–Giorgetti ne esce a mal partito.
Detto questo, il problema dell’ampiezza dei margini dell’intermediazione bancaria determinata dall’aumento del tasso di sconto esiste e va affrontato. Ma usare a questo fine lo strumento fiscale pare un rimedio peggiore del male. Se il tasso di sconto praticato dalla Banca centrale è salito rapidamente di quattro punti percentuali – e con esso sia i tassi d’interesse del mercato interbancario che quelli del credito a breve e lungo termine – è giusto e naturale che anche i tassi di interesse pagati ai risparmiatori crescano in maniera analoga, mantenendo dunque sostanzialmente invariato il margine di lucro dell’intermediazione bancaria. Per ottenere questo risultato non occorre certo ‘ordinare’ alle banche di pagare ai correntisti interessi più elevati: basta garantire la libertà di concorrenza nella raccolta del risparmio nell’eurozona, punendo eventualmente accordi di cartello fra le banche tesi ad ampliare i margini a danno dei risparmiatori. Le banche online (con costi operativi assai contenuti) certamente non mancheranno di facilitare il processo, se avranno la possibilità di farlo.
Per accelerare questa dinamica, lo Stato stesso – uno dei maggiori fagocitatori di risparmio privato, data la dimensione del debito pubblico – potrebbe offrire ai risparmiatori strumenti molto liquidi, come Buoni del Tesoro a 7, 15 e 30 giorni, sottoscrivibili direttamente e senza oneri online, con opzione di rinnovo automatico e possibilità di rivendita senza perdite, con il vantaggio addizionale del trattamento fiscale privilegiato di cui godono i titoli di Stato.
Se utilizzato con intelligenza e competenza, il mercato offre di norma soluzioni più efficaci dei pasticci degli apprendisti stregoni del populismo.
di Ottavio Lavaggi
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