Ha fatto molto clamore mediatico la notizia di Luca Morisi, ex responsabile della comunicazione social della Lega di Matteo Salvini, indagato per presunta cessione di droga trovata in casa sua. Il garantismo ad intermittenza tipicamente italiano.
Punto primo. La sproporzione tra la concretezza fattuale della vicenda e il clamore di giornali e tv su Luca Morisi non è solo l’ennesima conferma del garantismo ad intermittenza tipicamente italiano. Piuttosto ci si concentra mediaticamente sulla Bestia per parlare politicamente di altro.
Punto secondo. La lettura che della medesima questione fanno i quotidiani di destra è fuorviante. Perché se vogliamo evitare ipocrisie, bisognerebbe dire che l’attacco più netto a Matteo Salvini non è venuto dall’esterno bensì da Giancarlo Giorgetti. In particolare laddove il ministro dello Sviluppo si è nostalgicamente rifatto alle capacità strategiche di Umberto Bossi. Della serie: chi gli è succeduto non dimostra la stessa abilità e comprensione delle dinamiche in atto.
Punto terzo. Alla voce del ‘padano’ Giorgetti si è aggiunta quella dell’ex presidente del Consiglio Conte. Per intonare lo stesso refrain: se continua così, e per restare in ambito canoro, SuperMario a Palazzo Chigi fino al 2023 è una ‘dolce illusione’ che diventa chimera. Meglio votare nella prossima primavera. Come peraltro da un fronte opposto reclama Goffredo Bettini, voce pensante dell’affabulatoria scontentezza piddina.
Punto quarto: siamo arrivati al cuore del problema. Morisi, il Green Pass, le amministrative e via dicendo sono nient’altro che sfaccettature del vero nodo che avvinghia il Paese: la crescente consapevolezza che andando avanti di questo passo le larghe intese impallidiranno fino a svanire; il presidente del Consiglio finirà su una graticola che lo rosolerà offuscandone l’immagine; i partiti aumenteranno il tasso di litigiosità perché il prossimo è comunque e inesorabilmente un anno pre-elettorale e ciascuna forza politica privilegerà i propri interessi a scapito di quelli degli altri compagni di strada.
A chi giova tutto questo? Non alla Lega, che non riesce a invertire il trend discendente e che solo l’agonismo di una campagna elettorale per il governo del Paese può rianimare. Non al M5S che più va avanti più si contorce nelle sue contraddizioni. Non a quel pezzo del Nazareno che ritiene troppo incerta e vaga la marcia di Enrico Letta e che ritiene il fuoco dello scontro nelle urne l’occasione del rilancio. Volendo, per chiudere il cerchio, al carro elettorale ci si può aggiungere anche la Meloni.
Dunque il vero oggetto del contendere è se e come sia possibile, e per chi sia più conveniente, arrivare alla scadenza naturale della legislatura. A proposito: tanto la coppia Salvini-Giorgetti quanto Giuseppi e Bettini vogliono spedire Draghi sul Colle. Liaison pas dangereuses, sembra. Per non farsi troppo male a vicenda.
di Carlo Fusi
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Tag: Italia
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