L’Europa è in salute
Negli ultimi mesi si sono moltiplicati quegli ‘analisti’ che vedono un’Europa debole, ma l’Unione europea oggi è più forte che mai.
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L’Europa è in salute
Negli ultimi mesi si sono moltiplicati quegli ‘analisti’ che vedono un’Europa debole, ma l’Unione europea oggi è più forte che mai.
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L’Europa è in salute
Negli ultimi mesi si sono moltiplicati quegli ‘analisti’ che vedono un’Europa debole, ma l’Unione europea oggi è più forte che mai.
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Negli ultimi mesi si sono moltiplicati quegli ‘analisti’ che vedono un’Europa debole, ma l’Unione europea oggi è più forte che mai.
Gli scettici dovrebbero fare almeno uno sforzo, quello di guardare i fatti. In oltre due mesi di invasione russa in Ucraina e di guerra si sono moltiplicati gli strateghi e gli analisti che hanno soluzioni e diagnosi per tutto e spesso capita che tra i pazienti preferiti da stendere sul lettino per la visita di controllo ci sia l’Unione europea. L’ultimo (in ordine di tempo) a farle un check-up è stato lo scrittore Paolo Rumiz in un articolo su “La Repubblica”. Peccato abbia sbagliato il referto, scrivendo del «rischio che l’Europa unita» sparisca davvero, «schiacciata fra due mondi che giocano alla guerra».
Caro Rumiz, l’Europa non è mai stata tanto vitale come oggi. Il 24 febbraio 2022 la guerra russa ha cambiato la storia e con essa la velocità di percorsi unitari europei che parevano lenti. Dallo scoppio del conflitto i Paesi dell’Ue hanno accelerato il processo di creazione di una difesa e di un esercito comuni, si sono mossi – nonostante necessità economiche diverse – sulle sanzioni alla Russia e han fatto decollare i piani per una politica energetica che si sganci dalla Russia negli approvvigionamenti di gas e petrolio. La bacchetta magica non ce l’ha nessuno e le scelte strategiche dopo anni di pigrizie sulla via dell’indipendenza energetica da Mosca non sono un miracolo. Sono però una chiara strategia economica e una decisione politica coraggiosa.
Parlando di questo momento dell’Unione Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, ha sottolineato che l’Ue «oggi è più forte che mai. L’Unione europea non ha mai avuto un senso dell’orientamento così determinato come adesso per affrontare collettivamente la guerra nel nostro continente, la nostra transizione digitale e le preoccupazioni energetiche. Non abbiamo mai sentito un tale bisogno di opporci alle minacce alla pace e alla prosperità». Mondate della retorica di ruolo che si portano dietro, le parole della Metsola sono centrate. È vero, l’Europa non è mai stata coesa come adesso; il che non vuol dire che non esistano differenze – quello accade solo nelle dittature – ma gli scopi politici procedono condivisi e più velocemente di prima.
In questa prospettiva di cambiamenti storici in corso va letta anche la visita di Mario Draghi a Washington della prossima settimana dove il presidente del Consiglio incontrerà il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. In queste ore sono tanti in Italia, soprattutto politici, che fanno a gara nel comunicare le loro speranze, i loro auspici e i loro consigli su ciò che il vertice Biden-Draghi dovrebbe partorire. Ma il vertice è il risultato (e non il mezzo) di scelte strategiche, diplomatiche e politiche che l’Italia ha già compiuto e che Draghi ha più volte pubblicamente sottolineato. Con l’invasione russa in Ucraina lo stare un po’ nel mezzo (ma non troppo) tra Usa e Russia non funziona più e sarebbe per giunta un’opzione politica sciagurata.
L’Unione europea, come l’Italia, ha scelto chiaramente da che parte schierarsi: quella delle libertà degli ucraini e del loro Stato sovrano. Per trovare una tregua oggi non si tratta perciò di cambiare collocazione o di stendere l’Ue sul lettino del medico bensì di lavorare per arrivare, prima o poi, a una pace mantenendo la posizione presa. Perché l’Europa è in salute ed esiste. E con lei c’è l’Italia.
di Massimiliano Lenzi
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