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L’inutile faida sul terzo mandato

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La questione del terzo mandato è assai mal impostata. Occupandosi soltanto di cucine elettorali si consolida un fronte che unisce maggioranza e opposizione

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L’inutile faida sul terzo mandato

La questione del terzo mandato è assai mal impostata. Occupandosi soltanto di cucine elettorali si consolida un fronte che unisce maggioranza e opposizione

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L’inutile faida sul terzo mandato

La questione del terzo mandato è assai mal impostata. Occupandosi soltanto di cucine elettorali si consolida un fronte che unisce maggioranza e opposizione

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La questione del terzo mandato, per le presidenze regionali, è assai mal impostata. Occupandosi soltanto di cucine elettorali si consolida un fronte che unisce maggioranza e opposizione, giacché a destra si vuole liberare la presidenza veneta e a sinistra quella campana, con gli interessati a durare armati di terzarolo (archibugio cinquecentesco). Posto che da entrambe le parti, se il presidente uscente organizzasse una lista propria, si produrrebbe la vittoria della minoranza elettorale. Fischiano le schioppettate e non si capisce il bersaglio.

1. Se i mandati dei presidenti regionali fossero al massimo tre anziché due, non sarebbe né una rivoluzione né una tragedia. Ma la regola dev’essere nazionale, altrimenti si spezza l’Italia e si creano baronie dialettali. De Luca ha torto a pretendere che la legge sia regionale.

2. Quale che sia il numero dei mandati, il principio è se mettere o meno un limite. Che sia due, tre o quattro. Mi pare che nessuno proponga di cancellare l’idea stessa del limite, con il che cade però l’obiezione di Zaia, che si appella alla volontà popolare. In quel caso dovrebbe valere al terzo mandato come al ventesimo.

3. Il paragone fra i mandati parlamentari e le presidenze regionali non ha senso. È un’offesa all’intelligenza di chi parla e di chi ascolta, perché una cosa sono i mandati rappresentativi (che non devono conoscere limiti, tanto che i pentastellati hanno cancellato la loro ridicola pretesa), un’altra i mandati esecutivi, ovvero a esercitare un potere reale e di spesa. Il limite, ben conosciuto in molte democrazie, serve a evitare che quel potere generi sé stesso. In tal senso il persistere del consenso popolare è più una ragione per mantenerlo che per cancellarlo.

4. La Lega sostiene, nello stesso momento, che alle Regioni devono essere dati molti più poteri ma che chi le guida deve avere meno vincoli. Non ha senso: maggiori poteri portano con sé maggiori vincoli e controlli. Volere il regionalismo differenziato e le presidenze indifferenziate nel permanere è un controsenso.

5. Più che come un pendolo, la sinistra oscilla come un ciondolo agitato dal maltempo: ha messo in Costituzione l’osceno federalismo ma ora ne detesta le logiche conseguenze (su ciò la Lega ha ragione) e si ritrova a fianco della destra per potersi alleggerire di un presidente che vorrebbe scaricare senza neanche criticare. Nel vuoto di motivazioni culturali.

Vero che non si risolvono i problemi con i seminari, ma frequentarne qualcuno potrebbe giovare.

Di Davide Giacalone

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