L’Italia dopo la vittoria di Trump
E adesso? Adesso che oltre alla pancia Donald Trump si è preso anche il cuore e il cervello degli Usa? Le possibili conseguenze per l’Italia
L’Italia dopo la vittoria di Trump
E adesso? Adesso che oltre alla pancia Donald Trump si è preso anche il cuore e il cervello degli Usa? Le possibili conseguenze per l’Italia
L’Italia dopo la vittoria di Trump
E adesso? Adesso che oltre alla pancia Donald Trump si è preso anche il cuore e il cervello degli Usa? Le possibili conseguenze per l’Italia
E adesso? Adesso che oltre alla pancia Donald Trump si è preso anche il cuore e il cervello degli Usa? Le possibili conseguenze per l’Italia
E adesso? Adesso che oltre alla pancia The Donald si è preso anche il cuore e il cervello degli Usa; ora che il contemporaneamente ex e neo presidente ha prevalso nei Grandi elettori, negli Stati rurali ma anche e sorprendentemente nelle grandi città con un distacco tra i cinque e i dieci punti rispetto a quanto ottenuto quattro anni fa da “Sleepy” Joe; ora che perfino il voto complessivo lo ha premiato che succederà nel mondo, quali riflessi ci saranno per l’Europa e – ciò che più conta per noi – quale onda d’urto si produrrà per l’Italia? In questi casi la cautela è d’obbligo perché una cosa sono le sparate da campagna elettorale e un’altra, spesso assai diversa se non addirittura in taluni casi opposta, sono le azioni concrete di governo. Tuttavia alcune tendenze di fondo sono già ora facilmente rintracciabili. Dalle meno complicate, che riguardano il fronte interno, a quelle più difficili e tortuose che concernono i rapporti, le alleanze, i bracci di ferro con gli altri Stati del Vecchio Continente. Proviamo ad analizzarle.
Come accennato, per quanto possa apparire paradossale le conseguenze meno difficili riguardano la maggioranza di centrodestra. È scontato che Matteo Salvini farà la voce grossa e si annetterà il successo trumpiano: l’ha fatto non appena i numeri sono apparsi definiti e più ancora cercherà di farlo nelle prossime settimane e mesi. Ma il vice presidente del Consiglio leghista ci ha abituato al molto abbaiare e al poco mordere perché l’azzanno a Giorgia Meloni, che porterebbe alle elezioni anticipate, sarebbe un gesto autolesionistico molto vicino al suicidio politico. Certo, l’influenza sulle azioni di governo dei settori filorussi variamente dislocati sul proscenio politico-economico-sociale si farà sentire e magari in alcuni casi diventerà decisiva. Ma Meloni sa che nessuno dei partner del centrodestra può pigiare l’acceleratore fino a rischiare lo schianto della coalizione. E comunque Giorgia ha preso da tempo le contromisure cinguettando in modo esplicito con Elon Musk, che della vittoria di Trump è stato strumento decisivo e che conterà – lui sì, eccome – nelle scelte del nuovo presidente americano.
Molto più complicata si presenta invece la partita extra confini, in particolare per quel che concerne il ruolo che punterà a svolgere un fortemente ringalluzzito Viktor Orbán. Il presidente ungherese avrà subito modo di mostrare i muscoli quando, nelle prossime ore, i leader europei si riuniranno per il previsto vertice Ue nel palazzo gotico di Budapest dove risiede il governo ungherese. C’è già chi pregusta la clamorosa mossa a sorpresa di un invito a Trump che potrebbe collegarsi telefonicamente. In ogni caso è evidente che Orbán punta a essere l’interlocutore privilegiato sia di The Donald sia di Putin e piazzarsi così nel centro della ragnatela diplomatica europea.
Da che parte si schiererà Meloni? Finora assai positivamente la presidente del Consiglio ha appoggiato senza se e senza ma la linea atlantista portata avanti da Joe Biden, con il conseguente sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia. Ma se Trump cambia lo scenario dove si collocherà? E ancora. Finora la leader di Conservatori europei si è barcamenata fra l’appoggio sotterraneo a Von der Leyen e la conferma della posizione sovranista del suo gruppo. Ma adesso conciliare le due posizioni diventerà sempre più complicato e ogni scelta minaccia di avere un prezzo molto alto per lei e per l’Italia. Come quello che rischia di presentarsi sul fronte economico se davvero il presidente eletto confermerà la volontà di mettere dazi sui prodotti europei, in particolare quelli made in Italy.
Al dunque Meloni ha davvero poco da festeggiare. Lo ‘spaghetti western’ che sta per essere proiettato può relegarla nel ruolo di comprimaria e non di protagonista. Posizione scomoda: di fatto la ‘storia’ la sta facendo Trump. E sul palcoscenico i posti sono esauriti.
di Carlo Fusi
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