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Lodo Moro, una storia ancora da ricostruire

Quello del “lodo Moro” è oggi uno dei filoni più interessanti delle ricerche sulla nostra storia

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Lodo Moro, una storia ancora da ricostruire

Quello del “lodo Moro” è oggi uno dei filoni più interessanti delle ricerche sulla nostra storia

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Lodo Moro, una storia ancora da ricostruire

Quello del “lodo Moro” è oggi uno dei filoni più interessanti delle ricerche sulla nostra storia

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Quello del “lodo Moro” è oggi uno dei filoni più interessanti delle ricerche sulla nostra storia

Quello del “lodo Moro” – vale a dire gli accordi clandestini stretti nei primi anni Settanta dall’Italia con i principali artefici del terrorismo mediorientale, in base al quale costoro si sarebbero astenuti da attacchi contro il Paese in cambio di libertà di trafficare impunemente sul suo territorio – è oggi uno dei filoni più interessanti delle ricerche sulla nostra storia. Il “lodo Moro” ebbe rilevanti ricadute sulla complessiva politica dell’Italia nei riguardi di un’area tuttora nevralgica quale il Medio Oriente e sulla sicurezza rispetto ai pericoli del terrorismo internazionale. La grave crisi che l’accordo attraversò tra l’autunno del 1979 e l’estate del 1981 è una possibile chiave di lettura delle stragi del 27 giugno 1980 a Ustica e del 2 agosto 1980 a Bologna.

“Il lodo Moro” (Edizioni Settimo Sigillo) è anche il titolo dell’ultimo libro di Gian Paolo Pelizzaro, giornalista e studioso, già consulente delle Commissioni parlamentari d’inchiesta Stragi e Mitrokhin, pioniere delle ricerche su questi patti e sulla strage di Bologna. Queste ultime si alimentano di documenti rimasti segreti per decenni che stanno diventando accessibili e sono corroborati da tracce emerse presso gli archivi dell’Europa ex comunista. Nel 1999 Pelizzaro raccolse personalmente alcune dichiarazioni dell’estremista di destra Marco Affatigato, fu tra i pochi a intuire subito la fondatezza di quelle fatte nel 2000 dal terrorista internazionale Carlos, trovò i primi significativi riscontri nel 2005 (cui molti altri se ne aggiunsero dopo), continuò e continuerà a cercare, poiché si ha motivo di supporre che vi sia dell’altro ancora. Fra i ritrovamenti recenti dell’autore spicca il cablogramma del Sismi (il servizio segreto militare dell’epoca) che, un paio d’ore dopo lo scoppio della bomba a Bologna, era indirizzato «con particolare riguardo» ai propri agenti che avevano «accesso ambienti terrorismo arabo».

Sul piano giudiziario, in questi anni l’attentato del 1980 a Bologna è oggetto di nuovi procedimenti, sicché il lavoro di Pelizzaro – che vi dedica molta attenzione – risulta anche di attualità. Invero, l’ipotesi che la matrice della strage sia palestinese, sostenuta dall’autore, è lontanissima dalla direzione imboccata dalla magistratura bolognese. Pelizzaro non manca di dare conto della divergenza e critica a fondo l’operato dei magistrati, nel merito e nel metodo. L’eco arriverà in Cassazione?

Alla luce del “lodo Moro”, Pelizzaro collega vicende finora apparse slegate. Argomenta per esempio che lo sviluppo dei rapporti tra Brigate rosse e guerriglieri palestinesi dopo la fine della vicenda Moro – concretizzatosi nella creazione in Italia di depositi di armi ed esplosivi provenienti dal Medio Oriente – fu dovuto non soltanto alla prova di efficienza data dai terroristi italiani nella prima metà del 1978, ma anche al coevo disfacimento dello Stato libanese, il cui territorio era diventato insicuro per la conservazione di arsenali. Il medesimo filo unisce pure il trasporto effettuato via mare da Mario Moretti e compagni nell’estate del 1979, così come l’altro trasporto con sbarco a Ortona in novembre invece scoperto dalle autorità, che arrestarono i corrieri e il massimo esponente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina residente in Italia, violando così il patto e suscitando reazioni sempre più minacciose da parte palestinese.

Al di là di qualche ripetizione di troppo e dell’avere un po’ trascurato i periodi che vanno dalle origini del “lodo” (a metà del 1978) e dal ripristino (nel 1981) in poi, per ampiezza, approfondimento analitico e qualità delle fonti questo libro è un’imprescindibile opera di riferimento in materia.

di Vladimiro Satta

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