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Lottizzazione, politici nel mercato

Il liberismo qui non c’è mai stato, da destra a sinistra sono tutti statalisti. Amen. Meglio prenderla dal punto di vista pragmatico.
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Lottizzazione, politici nel mercato

Il liberismo qui non c’è mai stato, da destra a sinistra sono tutti statalisti. Amen. Meglio prenderla dal punto di vista pragmatico.
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Lottizzazione, politici nel mercato

Il liberismo qui non c’è mai stato, da destra a sinistra sono tutti statalisti. Amen. Meglio prenderla dal punto di vista pragmatico.
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Il liberismo qui non c’è mai stato, da destra a sinistra sono tutti statalisti. Amen. Meglio prenderla dal punto di vista pragmatico.
Volete voi la lottizzazione spartitocratica? Noooo. Volete voi l’italianità, garantita dal capitale statale? Siiii. Allora non avete capito che cosa volete o, per meglio dire, siete convinti che capra e cavoli siano non una scelta, ma due diversi reparti del supermercato dell’abbondanza senza costi. Se lo Stato è l’azionista di Ita, ne nomina gli amministratori. L’eguale per l’Ilva. Lo stesso per la “rete unica” di telecomunicazione, che di unico ha l’attitudine a crearla con i soldi dei contribuenti, venderla incassando meno di quel che vale, ergo riprendersela quando vale meno di quel che sembra e così via. E siccome lo Stato non è un ombroso signore che vive isolato, quando si dice che gli tocca nominare i vertici delle aziende s’intende dire che a farlo saranno quanti ne detengono la momentanea rappresentanza, ovvero i politici di maggioranza, in un sistema di alternanza, o tutti i politici, in un sistema consociativo. Sarebbe bello scegliessero i migliori, se non fosse che se uno è migliore non si fa scegliere da loro, è già altrove a lavorare, più libero e meglio pagato, sicché le nomine saranno fatte in base ad altri criteri. E va già bene se si mantiene un equilibrio fra le parti. Tale equilibrio fu già descritto, il secolo scorso, da Alberto Ronchey, con una suggestiva immagine: lottizzazione. Con espressione più cruda si può definire: spartitocrazia. Avverso tale andazzo si muove un inutile moralismo, che a cicli alterni torna a chiedere nazionalizzazioni che dell’andazzo sono il necessario presupposto. Ora si osserva che, se le elezioni dovessero andare come i sondaggi suggeriscono, la prossima tornata di nomine sarà una competenza pressoché esclusiva di Giorgia Meloni e del suo gruppo dirigente (al prossimo che riparla di “cerchio magico” facciamo fare un trapianto di fantasia). E allora? Chi conosce questo bislacco Paese sa che ciò ha una sola conseguenza: una moltitudine di pretendenti sta già scoprendo d’essere abitante della stessa camerata dei vincitori, sentendone il comune afflato fin da quando già non erano più quel che furono. A parte questo grottesco gioco di società, so che non succederà nulla di rimarchevole. Peccato il tutto sia riprovevole, ma attiene al ruolo dello Stato, non alle spoglie spartite. La faccenda non è affatto ideologica. Il liberismo qui non c’è mai stato, mentre, da destra a sinistra, sono tutti statalisti. Amen. Meglio prenderla dal punto di vista pragmatico: se la mano pubblica è socia dell’azienda che con l’altra mano non raccoglie la spazzatura, allora il cittadino sta pagando per vivere nel pattume; se, invece, è socia con una mano della municipalizzata che con i rifiuti fa utili, talché li versa anche nell’altra mano del Comune, allora il cittadino sta pagando due volte la stessa cosa. Son soddisfazioni. Preferirei un sistema diverso: il sindaco mette a gara il servizio, spunta la condizione migliore, quindi fa pagare il meno possibile, ergo rompe le balle tutti i giorni al vincitore, ove sul marciapiede restino delle cicche, riservandosi di contestare l’inadempimento contrattuale ed escutere la garanzia nel licenziare. Regole e controlli. Ma è considerato capitalismo selvaggio. La mano pubblica può ben frugare nel mercato. Sarebbe bene lo facesse per investimenti che i privati non fanno, o in settori da cui si ritiene dipenda la sicurezza nazionale. Se lo fa anche in pasticceria, allora si troverà in concorrenza con pasticceri più motivati. Risultato: il contribuente paga i costi della torta statale e compra quella più buona. Doppio costo. Ita pubblica fallisce come Alitalia. La rete pubblica di Tlc è un concetto sconosciuto altrove e, comunque, i servizi sono migliorati e i prezzi crollati grazie alla concorrenza. Mi sfugge quale sia il pericolo francese, visto che i conti commerciali indicano un nostro incolmabile vantaggio. Ma almeno ci si risparmi l’ipocrisia: più Stato nel mercato comporta più lottizzazione spartitocratica. A certi piace. I più la pagano. Di Davide Giacalone

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