Maschere, il governo e l’opposizione
L’opposizione ha generosamente avvalorato la tesi del governo secondo cui il decreto in materia di sicurezza comporta una severa stretta nel perseguire chi la mette a rischio
Maschere, il governo e l’opposizione
L’opposizione ha generosamente avvalorato la tesi del governo secondo cui il decreto in materia di sicurezza comporta una severa stretta nel perseguire chi la mette a rischio
Maschere, il governo e l’opposizione
L’opposizione ha generosamente avvalorato la tesi del governo secondo cui il decreto in materia di sicurezza comporta una severa stretta nel perseguire chi la mette a rischio
L’opposizione ha generosamente avvalorato la tesi del governo. Secondo cui il decreto in materia di sicurezza comporta una severa stretta nel perseguire chi la mette a rischio. Cosa che non può che essere gradita a chiunque non si ricomprenda nel novero dei delinquenti. E sappia che la libertà e la convivenza civile dipendono dalla capacità di colpire chi ne compromette la sicurezza. In realtà il decreto è e sarà prevalentemente inutile. Pregno com’è di puntuali smentite della saggia dottrina Nordio, secondo cui aumentare il numero dei reati e il peso delle pene non serve a niente. Se manca l’identificazione e si fa attendere la giustizia, ogni ipotesi repressiva riporta alle gride di cui già scrisse tutto Alessandro Manzoni nel suo lavoro di cui presto festeggeremo il duecentesimo anniversario.
Sceneggiata è il decreto, come sceneggiata è stata la protesta. La recita non è stata ammirevole. Il pubblico era già defluito altrove. Su un punto l’opposizione ha però ragione. Porre la questione di fiducia – e così cancellare l’esame e la votazione degli emendamenti – è uno sfregio al Parlamento. Nell’avere ragione l’opposizione manifesta però anche il proprio torto. Giacché quando si trovò a essere maggioranza e a governare (anche in compagnia di quelli che oggi governano) fece esattamente la stessa cosa. Il fatto che tale condotta sia comune non rende la faccenda meno grave, semmai il contrario.
Nulla di tutto questo sarebbe possibile se la stoffa personale dei parlamentari – a cominciare da quelli che, a turno, si trovano in maggioranza – non fosse ampiamente logorata da logorroica incompetenza e scarsa tessitura dell’indipendenza. Chi abbia coscienza della propria funzione e fiducia nelle proprie convinzioni non accetterebbe mai che gli fosse impedito di presentare emendamenti e non accetterebbe di battere quelli che non condivide semplicemente impedendone la discussione. Ma non è su questo, che stancamente io stesso ripeto, che intendo attirare la vostra attenzione. Semmai su una questione che riguarda tutti e che tutti paghiamo e pagheremo.
I soldi del Pnrr saranno mal spesi e in parte buttati se non accompagnati da riforme. Fin dall’inizio previste, capaci di liberare il mercato dal dovere di pagare il prezzo di rendite improduttive e privilegi protetti. Del resto, l’interesse del consumatore consiste nel diffondersi della concorrenza, capace di far scendere i prezzi (pensate alle telecomunicazioni o ai viaggi aerei), aumentare l’offerta e far salire la qualità. Come i falsi fedeli che a messa muovono la bocca senza conoscere le preghiere, ogni tanto si presentano leggi intestate alla concorrenza nelle quali non se ne trovano tracce apprezzabili. Proprio in queste ore il governo ne ha approntata una versione, che non è neanche camomilla ma acqua tiepida.
Per dire: non c’è nulla sugli orari dei negozi, sulle svendite o sulle concessioni da mettere a gara. Fra le quali c’è anche il tema degli ambulanti, ove il problema non è offrire al mercato europeo la possibilità di entrare in concorrenza con chi sposta la propria bancarella fra i mercati di provincia, ma di svellere il mercato dei falsi ambulanti che non deambulano manco per niente, che rispondono a filiere non proprio trasparenti, gestendo punti di ristoro in condizioni igieniche pessime, abitati da immigrati che rispondono a un padrone e allocati nei posti più belli d’Italia. Nisba.
Lo si è fatto osservare al ministro proponente, Adolfo Urso, il quale ha così meravigliosamente argomentato: «Pensiamo che sia utile il confronto parlamentare per giungere a delle soluzioni che siano largamente condivise». Lo stesso giorno in cui manco si discutono gli emendamenti. Della serie: una cosa è indossare la maschera della falsa ferocia, un’altra avere il coraggio di regolare mercati che sono divenuti racket. Su questi si attendono le proposte delle opposizioni, visto che il governo scantona invocando la condivisione.
Passare dalla mascherata alla mascariata istituzionale è un attimo.
di Davide Giacalone
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