Meloni mette in riga La Russa
| Politica
L’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è di quelli pesanti. In particolar modo nei confronti del presidente del Senato e compagno di partito Ignazio La Russa
Meloni mette in riga La Russa
L’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è di quelli pesanti. In particolar modo nei confronti del presidente del Senato e compagno di partito Ignazio La Russa
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Meloni mette in riga La Russa
L’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è di quelli pesanti. In particolar modo nei confronti del presidente del Senato e compagno di partito Ignazio La Russa
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L’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ieri a Vilnius per il vertice Nato, è di quelli pesanti. In particolar modo nei confronti del presidente del Senato e compagno di partito Ignazio La Russa: fragorosa la presa di distanza sulla delicatissima vicenda che coinvolge il figlio Leonardo Apache, accusato di violenza sessuale da una ragazza.
Nel merito non siamo mai voluti entrare e non lo faremo oggi, evitando di partecipare al diluvio di ricostruzioni, che pur con le migliori intenzioni finiscono per provare ad anticipare udienze e sentenze.
La bacchettata del capo del governo su La Russa, però, è di quelle pesanti: un richiamo severo e formale al ruolo e alle opportunità.
Dichiarare, come dichiarato da Ignazio La Russa, di avere “interrogato” il figlio e di poter escludere responsabilità penali è un errore grave, una postura sbagliata da parte della seconda carica dello Stato. Che non può interrogare nessuno, figurarsi un figlio. Ancor meno, ha fatto balenare Giorgia Meloni, dare anche solo la lontanissima idea di poter gettare discredito su una ragazza per il solo fatto di aver denunciato un presunto episodio di violenza.
Il suo schierarsi netto e secco non solo con la protagonista di questa dolorosa e complessa vicenda, ma aver solidarizzato con le donne che trovano il coraggio di denunciare è un segnale politicamente inequivocabile.
Pari all’esplicito riferimento alla questione delle date – il tempo passato dalla notte del presunto episodio alla denuncia – sollevata ancora una volta dal presidente del Senato, nel tentativo di difendere il figlio instillando dubbi sulla veridicità del racconto. La Russa ha sottolineato polemicamente che la denuncia è arrivata trascorsi i 40 giorni, dopo i quali non è obbligatorio conservare le registrazioni delle camere di sicurezza. Atteggiamento più che comprensibile se pensiamo al padre, molto meno se il padre siede sullo scranno più alto di Palazzo Madama.
Un intervento politicamente sacrosanto ma anche coraggioso, quello di Giorgia Meloni, che potrebbe paradossalmente dare una mano a disinnescare una parte delle polemiche sulla giustizia. A differenza dei casi Delmastro e Santanchè, in cui la presidente del Consiglio è in qualche misura costretta a tenere il punto con l’opposizione per intuibili problemi di tenuta della maggioranza, nella vicenda Apache La Russa la postura rigidamente istituzionale, il profondo rispetto nei confronti delle indagini in corso e dell’idea stessa di denuncia di una ragazza fanno balenare una mano tesa alla magistratura. Almeno a quelle componenti meno ideologizzate che dovranno decidersi, prima o poi, di uscire dal perenne cono d’ombra in cui le ha costrette l’iperattivismo politico dell’Associazione Nazionale Magistrati.
A quest’ultima, infatti, non par vero di aver trovato nuovi “nemici“ dei magistrati da additare alla pubblica opinione. Eterno trucchetto per non cominciare neppure a parlare di riforme.
di Fulvio Giuliani
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