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Sul Mes l’Italia ha torto

Siccome siamo fra i fondatori del Mes, sarebbe onesto liberare tutti dal nostro blocco. Saluti e via. Poi, se ci capitasse qualche cosa, sarebbero dolori brutali

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Sul Mes l’Italia ha torto

Siccome siamo fra i fondatori del Mes, sarebbe onesto liberare tutti dal nostro blocco. Saluti e via. Poi, se ci capitasse qualche cosa, sarebbero dolori brutali

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Sul Mes l’Italia ha torto

Siccome siamo fra i fondatori del Mes, sarebbe onesto liberare tutti dal nostro blocco. Saluti e via. Poi, se ci capitasse qualche cosa, sarebbero dolori brutali

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Siccome siamo fra i fondatori del Mes, sarebbe onesto liberare tutti dal nostro blocco. Saluti e via. Poi, se ci capitasse qualche cosa, sarebbero dolori brutali

Mischiare le cose può sembrare furbo, ma è stolto mestare in un torbido che danneggia gli interessi dell’Italia. Se ci chiedono del Meccanismo europeo di stabilità – perché l’Italia è l’unico Paese a non averne ratificato la riforma – non si risponde che ci sentiamo i Calimero delle nomine alla Commissione europea, perché non c’entra nulla e semmai sarebbe la conferma di Carosello: «Tu non sei nero, sei solo sporco». Se si siede al tavolo del Consiglio europeo si rappresenta un Paese, non una parte politica, sicché non si risponde a eventuali dissensi in quella sede facendo sapere che si allargherà il proprio gruppo parlamentare, perché in quel modo si trasforma Roma da capitale d’Italia a capitale della destra europea, con il doppio danno che si rimarrà ai margini e da Parigi la destra proverà a fregare la destra.

Sul Mes l’Italia ha torto. Dal nostro blocco dipende l’effettiva protezione di tutti gli altri, tutti già ratificatori della riforma, senza che nessuno vi abbia trovato nulla di lontanamente simile a quello che ci vedono alcuni italiani. Come tutte le assicurazioni, scatta solo in caso di disgrazia, che nessuno si augura. Ma se succede qualche cosa, se i conti di un Paese dovessero crollare in fretta (come accadde a quelli greci), la colpa dell’assicurazione mancante sarà tutta e solo nostra. Il che non obbliga a ratificare la riforma, ma obbliga a uscire da questa orrida condizione. Se il governo di destra lo crede, esca dal Mes in cui entrammo per volontà del governo Berlusconi quando gran parte dei presenti ne erano componenti. Siccome siamo fra i fondatori del Mes, sarebbe onesto liberare tutti dal nostro blocco. Saluti e via. Poi, se ci capitasse qualche cosa, sarebbero dolori brutali. Ma il governo trema anche solo a pensarci, traccheggia sulla legge di ratifica, avendo fatto credere (fummo fra i pochi a sottolinearlo) di avere respinto il Mes laddove era stata soltanto respinta la legge di ratifica e nel Mes ci siamo ancora. E tutto questo solo perché sono impiccati alle sconclusionatezze che dissero e di cui Salvini continua ad approfittare per creare problemi a Meloni.

Il ministro Giorgetti è persona assennata ma se ha veramente detto che in Parlamento non c’è una maggioranza per la ratifica ha dimenticato di aggiungere che il governo dovrebbe dimettersi, ove consideri assennato il contrario, oppure convincere il Parlamento a cambiare indirizzo, non a rassegnarsi e portare quella rassegnazione al tavolo europeo, guadagnando una figura meschina al nostro governo.

Al Parlamento europeo ci sono i gruppi parlamentari e come in tutti i Parlamenti democratici – compreso l’inglese bipolarista per eccellenza – capita che dei parlamentari cambino gruppo o passino dall’indipendenza all’affiliazione. Il voto popolare resta immutato e la maggioranza al Parlamento Ue era ed è composta da popolari, socialisti e liberaldemocratici. Legittimo che i conservatori cerchino adepti e vogliano essere il terzo e non il quarto gruppo per consistenza, ma non cambiano i contorni: 1. la destra europea è divisa sul crinale più importante, pro o contro l’Ucraina, come dimostra la rottura dei conservatori con l’ungherese Orbán; 2. è importante la numerosità di un gruppo, ma irrilevante ai fini della maggioranza se non trova alleati; 3. i conservatori non trovano alleati perché sommano nazionalisti antieuropei, in base alla cui forza chiedono di avere spazi rilevanti nelle istituzioni europee. Finché ci sarà una maggioranza alternativa non avranno risposte per loro soddisfacenti, fermo restando che nel corso dei lavori parlamentari avranno mille volte modo di far valere la loro forza, ammesso che resti unita.

Ma questo riguarda il Parlamento Ue e le forze politiche, non l’Italia. Riguarda chi oggi governa l’Italia, certamente, ma non l’Italia. Compromettere gli interessi di un Paese in nome di una formazione politica credo risulti inaccettabile anche se la si chiama Nazione. Il compromesso si trova, ma prima lo si cerca e poi lo si riconosce.

di Davide Giacalone

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