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Nato e spese militari

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Nato e spese militari: dalle parole alla realtà. L’idea che gli europei in tempi brevi passino a spendere il 5% del Pil per la difesa è irrealistico. Ecco perché

Nato e spese militari

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Nato e spese militari: dalle parole alla realtà. L’idea che gli europei in tempi brevi passino a spendere il 5% del Pil per la difesa è irrealistico. Ecco perché

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Nato e spese militari

Nato e spese militari: dalle parole alla realtà. L’idea che gli europei in tempi brevi passino a spendere il 5% del Pil per la difesa è irrealistico. Ecco perché

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Il vertice Nato dell’Aia è stato palesemente orchestrato dal segretario generale dell’Alleanza, l’ex premier olandese Rutte, per compiacere la vanità di Trump, offrendogli la soddisfazione di tornare a casa vincitore: quei taccagni irrispettosi degli europei ora contribuiranno più degli americani stessi alla difesa dell’Occidente; ho fatto capitolare gli iraniani in una giornata e gli europei in tre ore; sono FORTISSIMO!

Nella sostanza, l’impegno europeo ad aumentare la spesa militare in maniera sostanziosa è reale e il timore dell’aggressività di Putin sarebbe stata una motivazione sufficiente anche senza le esplicite minacce del presidente americano. Ma l’idea che gli europei in tempi brevi passino a spendere il 5% del Pil per la difesa in tempo di pace è palesemente irrealistica: il Pil dell’Ue+Uk è superiore a 20mila miliardi. Se gli europei destinassero veramente alla difesa oltre mille miliardi all’anno, supererebbero la superpotenza americana pur restando geo-strategicamente una potenza regionale e non locale, diventando di conseguenza un alleato più difficile da gestire per gli stessi americani. L’obiettivo del 5% è dunque meramente un totem eretto alla vanità del Donald, tant’è vero che la data fissata per la verifica dell’impegno è stata prudentemente fissata dopo la fine del secondo mandato di Trump.

Ma non vi sarà una ripetizione della precedente puntata, ove gli europei sfuggirono per un decennio all’impegno preso nel 2014 di destinare il 2% del Pil alla difesa. Questa volta si fa sul serio. A partire dalla Germania, che ha deciso di riarmarsi seriamente per la prima volta dopo la sconfitta del nazismo. La maggioranza dei Paesi europei in realtà sta già studiando quali artifici contabili si possano usare per riclassificare le spese in maniera da sopravvalutare la spesa militare reale, il che mi pare un’idea deleteria, perché abbiamo bisogno di una difesa più forte sul serio, non sui libri contabili. In realtà c’è bisogno di un forte, rapido, integrato ed efficiente aumento degli investimenti nel settore difesa, che tenga conto delle recenti esperienze belliche in Ucraina e in Medio Oriente: abbiamo più bisogno di droni e satelliti e di sistemi anti-missile che di altri carri armati concepiti oltre mezzo secolo fa.

La Russia di Putin, con un’economia oggi fortemente militarizzata e un esercito in larga parte nei fatti mercenario, oggi spende circa 200 miliardi l’anno per la difesa, meno di un quarto degli americani. Se gli europei (Ue+Uk) spendessero molto bene 500 miliardi l’anno – in larga parte per investimenti – secondo me la sicurezza del Vecchio Continente potrebbe essere assicurata anche nel caso di un minore contributo americano. Ma non di certo se cominciamo a contabilizzare le pensioni delle guardie forestali come spese militari. Ha dunque ragione il premier spagnolo Sánchez, che si è chiamato fuori dal coro all’Aia? Direi di no, perché argomentare che la Spagna ha problemi sociali più urgenti e che in ogni caso la minaccia russa è geograficamente distante da Madrid, nega la logica della solidarietà europea e atlantica. Peraltro a Madrid Sánchez ha al momento ben altre gatte politiche e giudiziarie da pelare.

Quanto all’Italia, il governo Meloni ha tenuto un prudente basso profilo in materia, ma eludendo il problema del necessario aumento della nostra spesa militare l’Italia in prospettiva perderà ancor più peso in Unione Europea. Strano destino di un governo nazionalista di destra, che alla prima vera sfida storica si limita a predicar bene svicolando nei limiti del possibile sul concreto.

Di Ottavio Lavaggi

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