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Partita (non) culturale

In Italia la politica è diventata una rancorosa bocciofila. Il povero Spano spazzato via con giudizi a dir poco volgari

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In Italia la politica è diventata una rancorosa bocciofila. Il povero Spano spazzato via con giudizi a dir poco volgari

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In Italia la politica è diventata una rancorosa bocciofila. Il povero Spano spazzato via con giudizi a dir poco volgari

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In Italia la politica è diventata una rancorosa bocciofila. Il povero Spano spazzato via con giudizi a dir poco volgari

C’era una volta il deposito degli atti giudiziari in edicola. Feroce constatazione dell’avvocato Spazzali quando inveiva in aula al processo Cusani contro Antonio Di Pietro. Oggi spariscono le edicole, chiudono i giornali e soprattutto i grandi settimanali d’un tempo. Si è scelto quindi il pettegolezzo (distribuito incautamente su chat e mail) del quale si nutrono appositi siti, complici cosiddetti giornalisti d’inchiesta che di fatto sono semplici recettori di news adulterate a scopo politico.

Le ultime in ordine di tempo, che secondo le ‘sacre’ pagine di Dagospia dovrebbero addirittura far cadere il governo, riguardano un funzionario appena nominato capo di gabinetto al Ministero della Cultura, tale Spano, che se avesse l’accento finale sulla o potrebbe essere un personaggio pirandelliano o un amico di Marcovaldo di Calvino. La vicenda, che segue quella già nota del caso Boccia e del lacrimoso Sangiuliano, mi fa sovvenire l’idea che la politica in Italia sia diventata una rancorosa bocciofila. Siamo infatti passati dalla boccia al boccino. Sia chiaro: non mi interessano i gusti sessuali dei protagonisti. Per certi duri e puri di destra, la nomina di Spano – sposato con un uomo, favorevole alle idee Lgbtq et cetera, scelto da un ministro, Giuli, che ha l’aquila sul petto e un passato di militanza che sembra quello di un ultras di qualche curva da stadio – è subito sembrata un’offesa alle tradizioni della Fiamma tricolore, dei busti del Duce e altre frattaglie di un triste passato. Insomma, il povero Spano – come un qualsiasi boccino – è stato spazzato via facendo pervenire ai noti reporter di frontiera i commenti pubblicati su chat e mail con giudizi a dir poco volgari.

Quindi dalla procace e graffiante (letteralmente) Boccia siamo passati al mite boccino pirandelliano. A Milano una volta c’era il circolo Sassetti, a pochi passi dalla storica sede del Partito comunista in via Volturno, quartiere Isola. Lì si ritrovavano operai e impiegati delle fabbriche metalmeccaniche del quartiere (Tibb, Zucchi, Pirelli, tanto per citarne alcune) dopo la sirena del fine turno, qualche politico locale e il mitico Armando Cossutta. Il quale, fra una valigia e l’altra con i rubli per il partito, giocava a bocce con il signor Gino, che non era quello della canzone di Gaber ma mio zio, socialista tutto d’un pezzo. Entrambi di sinistra, erano su fronti opposti. Un bicchiere di bianco spruzzato con Aperol, due bestemmie tanto il parroco perdonava sempre, qualche parola di troppo sulla politica e infine le bocce. Armando andava a punto, Gino bocciava con millimetrica precisione. Non c’erano chat e mail ma rispetto e soprattutto idee. Quelle che oggi non ci sono più.

Di Andrea Pamparana

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